Missioni Consolata - Ottobre 2018
OTTOBRE2018 MC 61 per questo, come i politici che cer- cano solo i propri interessi. C’è molta corruzione in ambiente poli- tico. Tutti vogliono mantenere la loro fetta di potere». E continua: «Fatto l’accordo di pace, ora devono vedere come metterlo in atto, ovvero come go- vernare. Con questo tipo di ac- cordo è difficile soddisfare tutte le persone. Ci sono tante comunità (o etnie), molte differenze, e se i politici lavoreranno solo a livello politico, sul terreno non si ve- dranno cambiamenti». Il coordinatore (africano) di una Ong medica internazionale ci con- fida: «La situazione è molto fluida. Ci sono diverse violazioni degli ac- cordi, in molte zone, e gli opera- tori umanitari sono preoccupati». A fine luglio, alcune centinaia di giovani armati, hanno attaccato e saccheggiato una base di Ong e Nazioni Unite a Maban, nel Nord dello stato di Upper Nile. Non si capisce che origini abbia questo attacco». Continua la nostra fonte: «La po- polazione aspetta che gli accordi di pace siano realmente imple- mentati, ma finora non ci sono stati ancora cambiamenti. C’è parecchio pessimismo. I sud sudanesi non hanno molta fidu- cia. Non è il primo accordo e la gente ha paura che i militari rico- mincino a combattersi. Chi è più vicino al governo (o alla etnia del presidente) è più ottimista, al con- trario le comunità legate all’oppo- sizione sono più pessimiste. Le Ong non sono molto sicure che gli accordi saranno implementati. Il problema è anche che ci sono molte richieste da parte dell’op- posizione, condizioni molto com- plesse da garantire». Società civile cercasi «Inoltre qui - ci confida il missiona- rio che risiede a Juba, ma ha vis- suto anche in altre zone - la popo- lazione è costretta ad accettare le cose così come sono. Quando il va- lore della moneta crollava di setti- mana in settimana mi sono stupito che non ci siano stati scioperi o manifestazioni. La gente sa che non può esprimersi liberamente. Accetta facilmente di farsi proteg- gere dal forte di turno. Inoltre i gruppi sono spesso allineati etnica- mente. La società civile ha ancora una lunga strada da percorrere per dar vita al cambiamento. Probabil- mente c’è da aspettare che questa generazione di politici finisca e sia sostituita da un’altra». E continua: «Le Ong nazionali sono finanziate dai grandi enti e offrono servizi di vario tipo. Creano lavoro per la gente locale, ma portano avanti un approccio di emergenza piuttosto che di sviluppo, anche perché que- sto permette loro di continuare a lavorare». Importante è stato il ruolo del South Sudan Council of Churches (Consiglio delle chiese sud suda- nesi) che riunisce Chiesa cattolica, la Chiesa episcopale (la più dif- fusa) e la Chiesa presbiteriana. Ci racconta il missionario: «Il go- verno rispetta le chiese ma le teme pure. Teme la loro indipen- denza. Se una chiesa è allineata la ascolta, altrimenti la lascia un po’ da parte e la Chiesa cattolica è quella che fa più fatica ad alli- nearsi, quindi si attira più so- spetti. Inoltre è un momento un po’ diffi- cile della nostra Chiesa: quattro diocesi su sette sono senza ve- scovo. Molte energie devono es- sere spese per far fronte ai tanti problemi interni e quindi non rie- sce sempre a farsi ascoltare dal governo. Nonostante tutto le ri- mane una grande autorità mo- rale: parla una voce unica, non ci sono divisioni etniche in essa. È presente in tutte le comunità (le etnie), per cui non è di parte. Le altre Chiese invece corrono il ri- schio di essere più allineate e di essere percepite come tali. La Chiesa presbiteriana ha più in- fluenza nelle zone nuer, per cui è stata vista come la chiesa più vi- cina alle opposizioni. Mentre la Chiesa episcopale aveva gerarchie soprattutto dinka, per cui era vi- sta come filo governativa. Adesso sta superando questo, grazie al nuovo primate più neutrale». Oltre alle Ong locali e alle Chiese, ci spiega il coordinatore della Ong internazionale, «ci sono altre as- sociazioni per i diritti umani, asso- ciazioni delle donne per la pace. Ma le associazioni basate in Sud Sudan devono essere dalla parte del governo. Ce ne sono anche non allineate, ma stanno all’e- stero, perché non è conveniente per motivi di sicurezza. Essere contro diventa rischioso. Non è un paese nel quale puoi esprimere li- beramente quello che vuoi, puoi solo parlare a favore del go- verno». La cooperante riassume così le sue sensazioni: «Sono molto de- lusa. Non è possibile che dal 2013 ci siano sempre le stesse dinami- che. Quello che mi delude di più è che ai politici non importa nulla della gente, fanno solo i loro gio- chi di potere. Si scontrano e poi vanno a cena assieme. Si strin- gono le mani, poi litigano di nuovo. Quanto potrà durare un accordo di pace con queste pro- spettive?» Marco Bello MC A A RCHIVIO MC • Marco Bello, La speranza sot- tile, maggio 2017. • Marco Bello, Guardandosi in cagnesco , agosto-settembre 2016. • Marco Bello, Nascita di uno stato , marzo 2011. © Ashraf Shazly / AFP Photo
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