Missioni Consolata - Ottobre 2018
OTTOBRE2018 MC 49 D ai Salesiani che, però, pur avendo istituti scola- stici e missioni all’estero, non gli avevano assicu- rato di poterlo mandare. Lui aveva bisogno di tro- vare un Istituto missionario. Solo gli bastò guar- dare ancora più vicino». «In quegli anni, qui al Carmelo, avevamo già un cappellano missionario della Consolata, padre Creola. Misi Giovanni in contatto con lui e così ini- ziò il percorso di formazione con il vostro Istituto. Ne fu contento, si trovò immediatamente bene, in mezzo a tanti piemontesi come lui, si è subito sen- tito il benvenuto». Suor Teresina conosceva però bene suo fra- tello e dovette intervenire con la preghiera e un paio di lettere ai superiori di padre Gio- vanni per far sì che riuscisse a coronare il suo sogno. «È vero, lo hanno fatto tribolare non poco prima di dargli il via. Giovanni era un tipo vulcanico, dif- ficile da inquadrare in uno schema. Io ogni tanto scrivevo ai suoi superiori dicendo che avessero comprensione, che Giovanni era buono, di tenerlo perché sicuramente avrebbe fatto del bene. Chi ne ha visto la stoffa e lo ha capito è padre Giovanni Morando, che fu suo maestro di noviziato. Lo prese davvero a cuore». Chissà che gioia quando padre Morando scoprì che il suo novizio aveva una sorella monaca di clausura di nome «Suor Tere- sina». Aveva un’autentica devozione per Suor Teresina di Lisieux. «Quando lo seppe mi scrisse subito. Del resto Santa Teresina è patrona delle missioni, il mese missionario inizia con la sua festa, e io stessa mi sento missionaria in prima linea, qui dal Carmelo, accompagnando con la preghiera tutti i missio- nari. Santa Teresina mi ha ispirato. Devo a lei an- che la mia vocazione visto che è maturata dopo aver letto il suo “Storia di un’anima”». Chiedo a suor Teresina qual è l’ultimo ri- cordo che ha di suo fratello. «Prima di partire per il Brasile venne a salutarmi e a celebrare qui l’Eucaristia. Ricordo le ultime pa- role che gli dissi: “Ti auguro di lavorare, di fare tanto bene e alla fine, se Dio vorrà… il martirio”. Mi rispose: “Sarebbe la grazia più bella”. È un martirio per il quale si è preparato, nonostante il poco tempo in cui è rimasto in Brasile. Si era reso conto che qualcosa non andava con quella spedizione in cui poi perse la vita, che qualcuno gli remava con- tro. È andato avanti lo stesso, con tenacia, ispirato dall’ideale della salvezza dell’uomo, di questi indios a cui si era donato. Ha resistito anche di fronte a chi gli consigliava di lasciar perdere, che era troppo pericoloso. Questa sua fortezza basterebbe a consi- derarlo un martire della carità». Vedo che suor Teresina è stanca. Continue- rebbe a parlare di suo fratello, lo si legge ne- gli occhi, ma forse è meglio fermarci. Le fac- cio un’ultima domanda e le chiedo quale ca- ratteristica di suo fratello potrebbe essere di ispirazione per un giovane di oggi. Mi guarda come se fosse in procinto di darmi una risposta scontata… e forse lo è. «Il coraggio - mi dice - il coraggio nel fare il bene a qualsiasi costo». Ugo Pozzoli D A sinistra : l’attuale tomba di padre Calleri nella cattedrale di Boa Vi- sta. | Qui a destra : le ossa di padre Calleri prima della tumulazione nella cattedrale il 1° novembre 2007. | Qui sotto : momento felice di padre Calleri al Catrimani. | Pagina seguente : al Catrimani vicino alla prima capanna da lui costruita per accogliere i missionari. D © AfMC / Gabriele Soldati © da Famiglia Calleri /Marcos No
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