Missioni Consolata - Ottobre 2018
48 MC OTTOBRE 2018 D I RICORDI DELLA SORELLA, MONACA DI CLAUSURA Il coraggio di fare il bene bene DI U GO P OZZOLI Il Carmelo dello Spirito Santo è una piccola oasi di tranquillità e silenzio nella già tranquilla prima collina torinese. Da anni i missionari della Consolata che vivono in Casa madre a Torino of- frono il servizio come cappellani di questa piccola comunità di suore di clausura che, con fede e tanta simpatia, accompagnano al ritmo della preghiera anche la nostra missione nel mondo. Da tanti anni, però, c’è un altro motivo di contatto e comunione fra le nostre due comunità. N el 1946, con un viaggio reso complicato dai postumi della guerra, una giovane ragazza di Carrù, entrò in monastero per donare interamente la sua vita al Si- gnore, lo sposo amato. Oggi, è un’arzilla vec- chietta che sta per compiere 92 anni alla quale chiedo di ripercorrere per l’ennesima volta la sto- ria di suo fratello, di raccontarmi com’era questo padre Giovanni Calleri, missionario della Conso- lata ucciso in Amazzonia cinquant’anni fa, il 1° no- vembre 1968. «Padre Giovanni lo conoscevo bene, eccome, l’ho tirato su io da bambino - inizia a ricordare suor Teresina. Era un bambino vivace, molto vivace… un po’ furbetto. È stato con la cresima che, se- condo me, Giovanni ha ricevuto una grazia spe- ciale. È diventato più aperto, ma anche più dispo- sto alla preghiera». Le chiedo che cosa avevano pensato in fami- glia a proposito della sua decisione di en- trare in seminario e poi, in seguito di diven- tare missionario. Suor Teresina risponde di getto. Sorvola sulla fa- miglia - del resto in quei tempi, soprattutto nelle nostre campagne - era cosa comune mandare i fi- gli a «studiare dai preti». Ricorda invece che il parroco, guardando forse il carattere vivace del ragazzo, era contrario al suo ingresso in semina- rio. Pensava che non fosse la sua strada, che avrebbe avuto delle delusioni. Giovanni venne aiu- tato nel suo proposito da una catechista che lo co- nosceva bene e, soprattutto, ne vedeva alcuni aspetti di bontà. Si capiva che dietro a tanta viva- cità si nascondevano una creatività e una attitu- dine verso la pietà davvero speciali. Così quando sua sorella entrò nel Carmelo, lui entrò nel semi- nario di Mondovì. «Quando invece decise di andare in missione ci preoccupammo tutti un po’ - continua suor Tere- sina -, in diocesi aveva mille impegni, tantissime attività iniziate e ci chiedevamo tutti come avrebbe potuto lasciare tutte queste cose per ini- ziare un nuovo cammino. Del resto, la sua prima esperienza di formazione missionaria con il Pime di Milano finì anche per questo motivo. I suoi nuovi superiori si accorsero che continuava ad es- sere attaccato alla sua precedente realtà pasto- rale e gli consigliarono di tornare ad essa e di de- dicarsi anima e corpo alla parrocchia e alle atti- vità ad essa legate». Fu una delusione, il dover tornare indietro? «Certamente lo fu. Quell’anno, si era all’inizio della novena di Natale, venne a trovarmi e a confi- darsi con me. Giovanni aveva nel cuore la mis- sione, voleva andarci. Mi disse che aveva chiesto © da Famiglia Calleri /Marcos No
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