Missioni Consolata - Ottobre 2018
vono lungo il fiume Catrimani, accompagnando padre Bindo Meldolesi che della zona della foresta è un buon conoscitore. Quando padre Bindo si ri- tira, padre Calleri continua da solo e, pur in mezzo a qualche dubbio e perplessità da parte dei supe- riori, cerca di stabilire in maniera permanente la missione al Catrimani. La missione viene piantata lungo il fiume, perché considerato dagli indigeni luogo neutro di scambi e di incontro con altri gruppi. Dopo quei primi contatti con il mondo indigeno, padre Giovanni così scrive nel luglio del 1965 ai suoi familiari: «Qui ho avuto impressione improv- visa di trovarmi in un paradiso terrestre. Tutto di- verso, quasi completamente, dalla nostra Europa. Uomini e cose. Tutto a base di natura: come uscita dalle mani di Dio. C’è da imparare molto prima di insegnare. Pensavo che solo noi, civiliz- zati, fossimo capaci a vivere. Credo ora che sia di- verso, soprattutto moral- mente». Catrimani In quel periodo padre Gio- vanni ha la fortuna d’incon- trare padre Silvano Sabatini, amministratore di tutto il gruppo dei missionari in Brasile e appassionato del mondo indigeno, che lo com- prende e lo accompagna nel suo intento di iniziare una forma nuova di evangelizza- zione tra le popolazioni delle foreste che non sia la tradi- zionale «desobriga» (visite periodiche alle comunità per adempiere agli obblighi fon- damentali di messa, confes- sione e comunione), utiliz- zata dai missionari in pas- sato. Sono gli anni in cui gli effetti del Concilio Vaticano II si fanno sentire im- pellenti ed esigono una rivisitazione della prassi tradizionale della missione. Padre Giovanni è pronto alle nuove sfide e a continuare con impe- gno il suo lavoro nella missione del Catrimani. La missione del Catrimani diventa il suo mondo per due anni. Vi si stabilisce evitando, per quanto possibile, il viaggio di 600 km lungo il fiume per ri- tornare a Boa Vista, la sede della Prelazia. Le sue giornate sono scandite da due ore di preghiera il mattino con la celebrazione dell’eucaristia in pri- vato, e dieci ore di lavoro con gli indigeni. Nel suo OTTOBRE2018 MC 41 D La partenza Il 4 febbraio 1965 tutta Carrù gli è attorno per la consegna del crocifisso; poi padre Giovanni si reca al Carmelo di Torino per congedarsi dalla so- rella. Che di là dalla grata gli dice: «Ti auguro di poter lavorare tanti anni per il Signore; poi, come premio, il martirio». E lui: «Sarebbe la grazia più grande». La sera del 15 febbraio, accompagnato fino a Linate da un nugolo di parenti e amici, parte per il Brasile, destinazione Roraima, Amaz- zonia. Mamma Lucia lo segue, soffocando le la- crime, fino alla scaletta dell’aereo, fino a che quella veste bianca e quella barba nera scom- paiono dentro. Non lo vedrà più. Solo qualche let- tera affettuosa, qualche foto, una voce di lontano. All’arrivo a Boa Vista il 22 marzo 1965, scrive al superiore generale: «Oggi termina il nostro viag- gio. Tutto felicemente bene. Le devo esprimere viva e filiale riconoscenza per avermi data la pos- sibilità di lavorare per le mis- sioni, tanto più in un campo come questo. Molti miei amici sacerdoti mi invidierebbero sapendomi a lavorare in que- ste situazioni così bisognose. Cercherò senz’altro di fare del mio meglio per essere un po’ meno indegno di questa chiamata di predilezione. Per questo la ringrazio della sua paterna benedizione che già benevolmente mi diede alla partenza e ancora mi vorrà dare». In Roraima si prepara al la- voro missionario applicandosi innanzitutto allo studio della lingua portoghese, e poi par- tecipa ai viaggi per contattare gli indios Yanomami che vi- D Da sinistra : una rara foto dei novizi a Bedizzole con padre Calleri probabilmente nel 1964. | 15 febbraio 1965, padre Calleri in par- tenza per il Brasile insieme a parenti e amici che lo hanno accom- pagnato all’aeroporto di Linate. | La mamma di padre Calleri, Lucia Massimino. D © da Famiglia Calleri
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