Missioni Consolata - Ottobre 2018

38 MC OTTOBRE 2018 D N ato nel 1934, ultimo di quattro figli (Ma- ria, Margherita, Lucia le sorelle), a otto anni - nel 1942 - rimane orfano del padre Giuseppe, che, dopo alcuni anni vissuti da migrante in California, era tornato e aveva ac- quistato la cascina Pralungo a Morozzo (Cn). La mamma Lucia Massimino, rimasta vedova, deve far ricorso al proprio carattere forte, pratico, riso- luto. Trasferisce i suoi in via Monasteroli a Carrù, e lì Giovanni - legato alle sorelle, specie a Marghe- rita (poi suor Teresina), alla madrina e ai cugini - frequenta le prime classi elementari e la parroc- chia retta allora da don Giorgio Oderda che consi- glia per lui nell’ottobre ‘44 il passaggio alla quinta elementare nel piccolo seminario della diocesi di Mondovì a Vicoforte. E lo presenta così: «È un bravo giovinetto inclinato a pietà, assiduo nel ser- vizio in chiesa e tra gli aspiranti di Azione Catto- lica Può diventare domani un buon sacerdote». Giovanni ha solo dieci anni, e condivide quel dis- tacco da casa con l’amico Antonio Servetti e con un ragazzo di qualche anno maggiore, Matteo Rino Filippi. Da Carrù al seminario Per Carrù e la Langa è un periodo drammatico sotto l’occupazione nazifascista. Il seminario tiene quei ragazzi al riparo dai rigori della lotta, ma non dai rigori di un’alimentazione di pura sussistenza. Giovani stomaci vuoti, bilanciati dalla spensiera- tezza dell’età e dall’impegno nello studio e nella preghiera. Nonostante quelle ristrettezze Gio- vanni comincia a manifestare vitalità, intrapren- denza e ingegnosità non comuni. «Non si accon- tentava delle mezze misure», ricorda la sorella Margherita che di lì a poco sarebbe entrata, ven- tenne, nella clausura del Carmelo a Torino col nome di suor Teresina. La mamma fa fatica ad ac- cettare come una benedizione quella duplice voca- zione nata in famiglia, ma come non capirla? Sì, perché alla conclusione della quinta ginnasio, Gio- vanni - a differenza dei suoi due amici - sceglie di vestire la talare e di proseguire gli studi (filosofia dal 1950 al 1953 e teologia dal 1953 al 1957) nell’an- tico seminario maggiore di Mondovì Piazza. Lo fa con convinzione, anche se la mamma lo vorrebbe ingegnere. A ogni fine d’anno ottiene risultati e giudizi più che buoni, e più che buone sono le relazioni stese da don Oderda sulla sua condotta nelle settimane estive in cui torna a casa per le vacanze: «Pietà profonda, volontà tenace, studioso con vocazione sicura». Col rettore del seminario don Giorgio Ga- sco, invece, qualche attrito e incomprensione non mancano per la vivacità e impulsività del giovane, tipica di una personalità in formazione desiderosa di agire sulle cose e sugli altri, con slancio e una certa autonomia, come dimostrano le sgroppate estive in bicicletta anche assai lontano e le avven- turose uscite con i seminaristi più piccoli affidati alla sua assistenza negli anni ‘54-‘56. Nel dicem- bre del ‘56, quando è suddiacono, esprime al diret- tore del seminario il suo desiderio di diventare missionario. Un proposito al quale ha contribuito, dalla clausura, anche suor Teresina. I diretti su- periori però rinviano a tempo imprecisato ogni decisione. Intanto le inattese difficoltà, gli inspie- gabili ostacoli incontrati via via lo radicano ancor più nel suo sogno. Vicecurato «dirompente» Il 29 giugno 1957 Giovanni è ordinato prete (con Angelo Maritano, Efisio Caredda, Giovanni Cro- setti, Armando Peano) da monsignor Sebastiano Briacca, vescovo di Mondovì. E subito va vicecu- rato festivo a Niella Tanaro, dove - giovane coi © da Famiglia Calleri

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