Missioni Consolata - Ottobre 2018

OTTOBRE2018 MC 33 MC R in piedi e io ascoltai colui che mi parlava… “apri la bocca e mangia ciò che io ti do”. 9 Io guardai, ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. 10 Lo spiegò da- vanti a me; era scritto da una parte e dall’altra… 3,1 Mi disse: “Figlio dell’uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele”. 2 Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, 3 dicendomi: “Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo”. Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele. 4 Poi egli mi disse: “Figlio dell’uomo, va’, recati alla casa d’I- sraele e riferisci loro le mie parole”» (Ez 1,1.9-10; 3,1-4). Il criterio di Ezechiele Nel criterio di Ezechiele vi è una concatenazione lo- gica ferrea: il parlare di Dio genera l’irruzione del suo spirito nel profeta che deve alzarsi in piedi, la posizione dell’orante, pronto all’ascolto. Le azioni conseguenti sono: aprire la bocca e mangiare il ro- tolo, che - attenzione! - è scritto davanti e dietro , cioè è parola abbondante e completa. Dopo aver mangiato non ci si può fermare a fare la penni- chella, ma bisogna andare, andare alla comunità con la quale condividere ciò che si è mangiato. Gesù ha un progetto che si chiama «regno di Dio» e ri- guarda tutta l’umanità. Vi si oppongono le malattie, il sopruso, la povertà, la morte, la paura, il senso di abbandono anche da parte di Dio, il dubbio stesso dell’assenza di Dio. Tutto attorno crolla, tutto è li- quido come il mare. Chi si sveglia nel cuore della notte per recare soccorso? Chi grida al mare di ta- cere per non mettere a rischio la vita dei discepoli? Nel progetto di Dio non si mangia per saziarsi, nes- suno è chiuso in sé, si mangia per vivere, per an- dare, per condividere: «Prendete e mangiate; que- sto è il mio corpo. [Prendete e] bevetene tutti… questo è il mio sangue dell’alleanza» (Mt 26,26-28). Tutto è connesso e tutto si tiene: l’ascolto/man- giare, prendere coscienza e andare in missione nel mondo a dire con la vita che Gesù «è il Signore» (Gv 21,7). Ascoltare e mangiare , nella Bibbia, sono si- nonimi perché bisogna «stare sulla Parola» (Gv 8,31), ruminarla, sminuzzarla, assaporarla lettera per lettera, iota per iota, fino a sentirne la dolcezza del miele e il sapore del fiele , il doppio taglio della Parola-spada (Eb 12,4) se vogliamo giungere al «monte di Dio» e stare alla sua presenza: « 7 Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, toccò Elia e gli disse: “Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”. 8 Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e qua- ranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb» (1Re 19,7-8). Solo così il profeta può sperimentare la presenza di Dio in tutta la sua gloria e fare l’esperienza della «voce di silenzio sottile», dopo il vento impetuoso, il terremoto e il fuoco (cfr. 1Re 19,11-13). Se pre- gare è vivere l’esperienza della Shekinàh , o Dimora o Presenza , è indispensabile arrivarci, ascoltando e mangiando, in una parola interiorizzando. Ascol- tare significa «portare dentro di sé la Parola» che è la Persona di Gesù e mangiare significa «portare dentro il cibo» che è la vita stessa di Dio. Chi man- gia lo stesso cibo diventa la stessa realtà. Qui è il punto focale dell’intimità che può essere solo per- sonale, vissuta «nel deserto» come spazio senza oc- chi indiscreti, senza curiosi, senza distrazioni di su- perficialità. Tutto ciò esige tempo, tempo, tempo… come insegna la volpe al Piccolo Principe, contro la logica della nostra epoca, in cui «non abbiamo mai tempo…»: «“Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi ”. “L’essenziale è invisibile agli oc- chi”, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo. “È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”. “È il tempo che ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il piccolo principe per ricor- darselo» (v. più avanti il testo integrale). Perdere tempo. Perdere tempo per la persona amata Questo è il segreto, l’unico che coglie il cuore della vita. Quando noi riserviamo a Dio gli scampoli del nostro tempo, quando controlliamo l’orologio per- ché «bisogna fare in fretta», quando la Liturgia delle Ore o l’Eucaristia sono contingentati perché «abbiamo tante cose da fare», allora è inevitabile rifugiarsi nelle formule, negli orari, nel rituale per- ché ci sentiamo protetti e scusati: fatto il nostro do- vere, esattamente come qualsiasi salariato, ab- biamo pagato il nostro debito. Abbiamo praticato molto, ma non abbiamo amato. Perdere tempo esige silenzio e svuotamento della polvere che rico- pre le nostre morte parole (Tagore). Perdere tempo esige avere coscienza di essere l’altra metà di Dio, senza della quale la sua identità come la nostra sono vanificate, annullate. C’è una pagina mirabile nel «Piccolo Principe», in cui si stabiliscono le regole dell’amicizia «addome- sticata» fino a quando gli amici non diventino «unici» tra tutti gli esseri umani. Ho mai pensato di «addomesticare» Dio, riducendo le distanze giorno dopo giorno? Ho mai udito i suoi passi nel giardino della mia vita (Gen 3,8)? Ho mai detto a Dio espres- samente: «Per favore, addomesticami!»? Oppure in quella che chiamiamo preghiera personale o co- rale, mi limito a leggere quanto è prescritto, come se fosse un compito di scuola? «Non si conoscono che le cose che si addomesticano… Gli uomini [e le donne] non hanno più tempo…». Questo brano, tratto dal «Piccolo Principe», vale più di un trattato sulla preghiera, con l’augurio che ciascuno possa applicarlo al proprio modo di pre- gare, al proprio tempo di pregare, al proprio Dio che immagina di pregare, perché non è detto, non è scontato, che noi preghiamo il Dio, «Padre del Si- gnore nostro Gesù Cristo» (Rm 15,6). Leggendo la catechesi della volpe al piccolo principe, proviamo a capire se non parliamo con noi stessi in una forma di narcisismo che è la negazione della natura della preghiera che è solo ed esclusivamente, per- dere tempo per la persona amata, perdere vita e desiderio, e anelito e passione per chi vogliamo sia importante per noi.

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