Missioni Consolata - Ottobre 2018

che la popolazione non arriva ai sei milioni, non par- rebbe un grande sforzo garantire a tutti un’esistenza, se non ricca, quanto meno dignitosa. Eppure non è così. La corruzione diffusa e l’ottusità economica tipiche dei regimi autoritari hanno reso infruttuoso quel capitale, dilapidato in scelte irresponsabili, speculazioni, progetti megalomani e inutili che avevano come scopo l’auto esaltazione del regime e l’arricchimento dei suoi diri- genti. Nel paese rimangono ampie sacche di povertà , in molte località mancano i servizi essenziali. Il regime ha prosperato grazie alle enormi rendite assi- curate dalle esportazioni di gas. Da alcuni anni, però, quella che è la base di un’economia scarsamente diffe- renziata ha cominciato a traballare. La Russia ha smesso di acquistare il gas turkmeno nel 2016; la Cina, rimasta quasi l’unico acquirente, lo paga a un prezzo molto ridotto per compensare le risorse spese nella co- struzione del tratto turkmeno di un gasdotto che la col- lega con l’Asia Centrale. Così il regime si è trovato con poca liquidità tra le mani. La crisi di liquidità ha aperto la strada alla svalutazione del manat (la valuta turk- mena) e all’inflazione. Sono state ridotte le importa- zioni anche di generi di prima necessità, che sono quindi spariti dai negozi o diventati molto cari. Se a ciò si aggiunge la disoccupazione, stimata tra il 50 e il 60%, i ritardi nei pagamenti degli stipendi o la loro decurta- zione, si potrà capire che vivere nell’Età dell’oro non è sorte invidiabile. Maria Chiara Parenzo ( 1 ) Turkmenistan. Freedom of religion or belief , May 2016, Christian Solidarity Worldwide, pag. 8. A lato : una ragazza con il vestito tradizionale delle spose turkmene, un abito rosso finemente ricamato con una mantellina che nasconde la testa e le spalle da sguardi indiscreti. In alto a destra : uomo turkmeno. 22 MC OTTOBRE 2018 TURKMENISTAN © Maria Chiara Parenzo il Turkmenistan sia uno stato secolare, sebbene la costituzione garantisca la libertà di culto e l’egua- glianza di ogni cittadino davanti alla legge, alle altre comunità religiose, compresa la piccola comunità cattolica, è stata per anni negata la possibilità di ot- tenere la registrazione, senza la quale si è costretti a un’esistenza ai margini della legalità. Nel 2004 sono state alleggerite le condizioni per la registrazione, ma rimangono ancora comunità minori cui essa viene arbitrariamente negata e che continuano a es- sere soggette a discriminazione e angherie da parte delle autorità. La chiesa cattolica turkmena è stata ufficialmente riconosciuta solo nel 2010, tredici anni dopo la presentazione della richiesta 1 . Anche a regi- strazione avvenuta, tuttavia, le difficoltà non fini- scono. Le leggi che regolano il culto e le attività reli- giose pongono limiti alla libertà di educazione e di riunione, alla pubblicazione e distribuzione di mate- riale e libri, contravvenendo con ciò ai principi san- citi dalla costituzione. Comunità e gruppi religiosi senza distinzione sono tenuti sotto stretta sorve- glianza dalla polizia e dai servizi di sicurezza. Le minoranze cristiane, sciita e di altre religioni non tradizionali sono particolarmente bistrattate dalle autorità perché ritenute estranee ai valori turk- meni. Ma anche l’islam sunnita non se la passa bene. Il regime lo considera parte delle tradizioni nazio- nali, un po’ come l’allevamento dei cavalli, o l’arte dei tappeti, per cui lo accetta come elemento «folclo- rico», ma i fedeli non devono mostrare di essere troppo pii. La religione è vista come una pericolosa concorrente dello stato, cui solo spetta il primato nella lealtà dei cittadini. Quindi bisogna andarci piano con i segni dell’appartenenza religiosa. Ad esempio, la barba è tollerata per gli anziani perché legata alle tradizioni turkmene, ma è in genere mal vista ed è vietata a chiunque abbia un incarico pub- blico e agli studenti. Tutto ciò che può distrarre o costituire un’alterna- tiva alla lealtà dovuta al presidente è guardato con sospetto. Il culto della persona del presidente viene prima di tutto, anche della religione. Nella grande moschea fatta costruire da Niyazov nel suo villaggio natale, Gypjak, ci sono iscrizioni tratte dal suo Ruhnama , il «Libro dell’anima», imposto a guida spirituale dei turkmeni. Quando i costruttori turchi si rifiutarono di fare quanto per un musulmano devoto è blasfemia, giacché sui muri di una moschea si possono scrivere solo frasi tratte dal Corano, Niyazov trasferì la commessa ai fran- cesi. A proposito dell’Età dell’oro. Se si pensa che sotto i piedi dei turkmeni ci sono enormi giacimenti di gas naturale e #

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