Missioni Consolata - Ottobre 2018
Thailandia, è tristemente nota per essere stata una delle roccaforti dei Khmer Rossi e, quindi, zona di mine. «Finito il regime - racconta Soun Rithy, 47 anni, del villaggio di Phsar Prom Chheung - i Khmer Rossi sono rimasti a lungo da que- ste parti. Mi arruolarono nel 1986, avevo appena 16 anni. Fui co- stretto a farlo, non avevo scelta, ma all’inizio era una cosa che mi riempiva di orgoglio. Avere in mano un’arma, indossare la divisa costituita da una tuta blu e una sciarpa a scacchi rossi e bianchi mi fece sentire subito grande. Ma po- chi mesi dopo il mio arruolamento saltai su una mina, persi una gamba e mi ferii gravemente l’al- tra. Mi lasciarono a casa». «Tutta la Cambogia è messa male - spiega Khoa Ly, funzionario del Cmac che su un quaderno ha an- notato tutte le vittime delle mine della provincia - ma a Pailin ab- biamo dei record impressionanti. Ad esempio solo nel villaggio di Phsar Prom Chheung contiamo 19 vittime. Un dato considerevole se si tiene presente che in quel villag- gio gli abitanti sono ottanta. Le storie si somigliano un po’ tutte: civili che si addentrano nei campi in cerca di legna o qualcosa da mettere sotto i denti e incappano in una mina. Oggi sono tutti infor- mati sui rischi che si corrono nelle campagne, ma miseria e fame co- stringono la gente a osare». Khoa, mettendo a disposizione il suo scooter malconcio, si offre come guida per la ricerca delle vittime delle mine, un compito tutt’altro che difficile. Basterebbe fermarsi e bussare alla porta di una qualsiasi capanna di Pailin e chiedere agli abitanti se cono- scono qualcuno che sia saltato su una mina o che sia stato ferito dalle schegge. La risposta è pur- troppo scontata: «Sì, certo. Mio zio ha perso una gamba lavo- rando nei campi», oppure «Mia madre è diventata cieca a un oc- chio per una scheggia», o «Al mio vicino di casa hanno amputato tre dita della mano». E così via. Non sono pochi i casi in cui interi nuclei famigliari sono incappati in una mina. La famiglia Chan, anch’essa residente nel villaggio di O’Cher Krom, rientra in questa tragica statistica. Nel 2003, Krel, il 59enne capofamiglia, portò i pro- pri cari con sé nei campi a racco- gliere della legna per riparare il tetto di casa. «Non sapevo - giura - che quella zona fosse un campo minato». Krel si giocò un occhio per una scheggia; il figlio mag- giore Then, 36 anni, che calpestò la mina, perse entrambe le gambe e alcune dita di una mano; il figlio minore Rin, 29 anni, riportò delle brutte cicatrici sul volto; la moglie Srey, 53 anni, delle gravi ustioni al A sinistra : un uomo che è incappato in una mina ha la gamba ricostruita con una protesi. Qui : il lavoro al Centro regionale di riabili- tazione fisica di Battabang. Qui vengono prodotti vari tipi di protesi e poi seguiti i pazienti per renderli in grado di utilizzarle. # MC A OTTOBRE 2018 MC 15 I l 29 luglio scorso si sono svolte in Cambogia le elezioni legislative in un clima teso. Dei 20 partiti candidati, il partito del primo mini- stro Hun Sen, Partito del popolo cambogiano (Cpp), ha fatto in- cetta di voti, ottenendo tutti i 125 seggi in parlamento, come già era successo nel 2013. Hun Sen è quindi stato riconfermato primo mini- stro per i prossimi cinque anni. Ma lo scrutinio è stato viziato dall’as- senza del principale partito d’opposizione, il Partito per il salvataggio nazionale, sciolto nel novembre 2017 e il cui leader Kem Sohka è stato incarcerato. Molte Ong denunciano il degrado della situazione politica in Cambogia, con un aumento di autoritarismo del partito al potere e una diminuzione di democrazia. Diversi oppositori politici, della società civile e della stampa indipendente sono incarcerati. Solo dopo le ele- zioni, arriva qualche segnale di distensione: l’attivista che si batte con- tro l’accaparramento della terra, Tep Vanny, è stata graziata e due gior- nalisti liberati su cauzione. Hun Sen, che è al potere dal 1985, diventa così il più longevo capo di go- verno in Asia. «Negli anni, secondo alcune Ong, Hun Sen ha messo in piedi un sistema generalizzato di corruzione, del quale approfittano la sua famiglia e i suoi collaboratori più fedeli», scrive Radio France Inter- national . Nella rete di fedelissimi Hun Sen ha messo i suoi tre figli, che potrebbero assicurare la sua successione. A causa della situazione di violazione dei diritti, gli organismi internazionali, Onu, Ue e Usa in te- sta, hanno deciso di non inviare osservatori elettorali. Marco Bello Elezioni legislative Verso il «partito unico»
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