Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

AGOSTO-SETTEMBRE2018 MC 77 # La «Consolatina»: prima Casa Madre dei missionari della Consolata a Torino. vamo conosciuto, e di qui prendeva lo spunto per le sue considerazioni così prati- che e incisive che non si son più potute di- menticare. Ciascuno era libero di parlargli in privato; e prima di partire ci lasciava ogni volta la sua paterna benedizione, ovunque ci trovava rac- colti. A me dava l'impressione ch'Egli avesse giam- mai niente da fare. Da noi occupava molto bene il suo tempo, poi per andare alla Con- solata; mai che mostrasse avere impegni o urgenze, e più tardi soltanto venimmo a sa- pere che dirigeva mezza Diocesi ed era occu- patissimo. L'ordine gli diede modo di atten- dere a tutto. Dava importanza alla preghiera, quale mezzo principale di formazione sacerdotale, reli- giosa e missionaria. Una volta gli sfuggì que- sta confidenza: “Dicono che vi faccio pregare troppo, ma in Cielo che faremo d'altro? Gli Apostoli non si riservarono, come compito proprio, la Parola di Dio e l'orazione?”». Uno dei primi fratelli coadiutori laici, fr. Bene- detto Falda, volle lasciare il suo ricordo in modo brioso: «Alla domenica poi era tutto per i suoi figli. Giungeva per i Santi Vespri e dopo la S. Benedizione si recava nel salone, o, tempo permettendolo, in giardino e là ci voleva tutti attorno a sé. La sua conferenza non aveva nulla di cattedratico o di rigido, ma era il Padre che, seduto in mezzo ai suoi figli, che voleva ben vicini, specialmente i Coadiutori, ci parlava alla buona. Erano con- sigli detti quasi all’orecchio, ma che resta- vano impressi nell’animo e ci imbeveva del suo spirito! Alla fine della conferenza, faceva portare una bottiglia di vino scelto e distribuiva a cia- scuno dei biscotti (che veramente i benefat- tori gli regalavano per il suo stomaco deli- cato) poi si alzava e dopo una visita al SS. Sa- cramento lo si accompagnava tutti assieme fino al cancello della palazzina. Un giorno che toccò a me l’onore di accompagnarlo al tram, ad una svolta mi congedò dicendomi: “Proseguo a piedi, così risparmio due soldi che sono della Provvidenza!”». Difese lo spirito delle origini L’Allamano aveva una convinzione di fondo che lo guidò nel realizzare il suo compito di fondatore. Era convinto che lo Spirito Santo non solo lo avesse indotto a dare vita a que- st’opera, ma gli avesse pure ispirato i valori da infondere e trasmettere ai futuri missio- nari e missionarie e che nessuno aveva il di- ritto di modificare. Questa grazia delle origini si chiama «Cari- sma di fondazione», divenuta poi il «Carisma dell’Istituto». Ecco perché più di una volta, l’Allamano intervenne, anche con energia, a difendere questo spirito delle origini. Ad un anno appena dalla fondazione, nel marzo del 1902, sentì il bisogno di parlare chiaro ai suoi giovani, senza paura di offenderli, anzi sicuro di aiutarli: «Sono io, e chi vi pongo io a guidarvi che dovete solamente ascoltare. La forma che dovete prendere nell’istituto è quella che il Signore m’ispirò e m’ispira, ed io atterrito dalla mia responsabilità voglio as- solutamente che l’istituto si perfezioni e viva vita perfetta. Sono d’avviso che il bene biso- gna farlo bene; altrimenti fra le altre mie oc- cupazioni, non mi sarei sobbarcato ancora questa gravissima della fondazione di sì im- portante istituto». Queste parole sembrano piuttosto severe, ma a giustificarle c’è una postilla annotata di suo pugno in calce al manoscritto della con- ferenza: «Così parlai perché taluni, anche buoni, venivano a disturbare i giovani con idee…». P. Francesco Pavese

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