Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

AGOSTO-SETTEMBRE2018 MC 55 A st’occasione. Personalmente lo ri- tengo molto difficile a causa della difficoltà a recuperare le terre per- dute e della quantità delle per- sone allontanate dalle campagne. Il problema è molto grave». Sull’inserimento e sulla parteci- pazione politica degli ex guerri- glieri il dibattito e le polemiche sono state (e tuttora sono) for- tissime. «Per fortuna, è già stata approvata la partecipazione politica di 10 candidati ex Farc (le persone - 2 donne e 8 uomini - sono già state designate: 5 al Senato e 5 alla Ca- mera, ndr ). Ciò ha generato molte discussioni nella popolazione, per- ché non si riesce a immaginare che alcuni supposti criminali ora possano diventare legislatori del paese. Il problema è: se debbono essere giudicati prima o possono già en- trare in politica. Sono già entrati e ora si dibatte su cosa succederà se fossero giudicati colpevoli». Cosa s’intende concretamente per fine del conflitto? «La consegna delle armi, la con- centrazione degli ex combattenti in 28 zone rurali del paese, il pro- cesso di smobilitazione e di reinse- rimento nella società. Questo è un processo in stato molto avanzato. La consegna di armi, la smobilita- zione sono state un successo. Debbo segnalare che al loro pas- saggio i guerriglieri sono stati cele- brati e applauditi dalla popola- zione. C’era felicità nel vedere queste donne e uomini andare a consegnare le armi». Il quarto pilastro degli accordi di pace riguarda le coltivazioni illecite. «Il problema delle droghe è enorme. Si calcola che in Colombia ci siano 400mila famiglie che di- pendono dalla coltivazione della coca (e, meno, di oppio e ma- rijuana), che qui trova un terreno molto adatto. La Colombia ha, inol- tre, migliaia di chimici esperti nella produzione della pasta basica di cocaina. Il fatto è che dall’estero c’è una do- manda tremenda. E anche la Co- lombia ha incrementato il proprio consumo. Insomma, c’è più do- MC manda che offerta. Per il campe- sino l’attrazione non è tanto il de- naro, quanto il cash immediato, la commercializzazione assicurata, la facilità di trasporto, i prezzi allet- tanti, l’assistenza di esperti in loco, la facile reperibilità dei prodotti chimici. Se parliamo di coltivazioni sostitutive, soltanto un prodotto che offra tutto questo potrà avere successo. Il problema della coca è internazio- nale perché è una catena produt- tiva che comporta l’utilizzo di pro- dotti chimici e varie intermedia- zioni. Sfortunatamente, quasi sem- pre si finisce con il colpire l’anello più debole di questa catena: il con- tadino, colui che ha la colpa mi- nore. Nell’accordo tra governo e guerriglia c’è anche il divieto alla fumigazione (distruzione delle piantagioni attraverso la disper- sione di glifosato con aerei o - è cosa recentissima - con droni, ndr ). Su questo c’è però un’enorme pressione contraria degli Stati Uniti perché si riveda la decisione e si torni al grande business dei pro- dotti chimici e della fumigazione». Il quinto pilastro riguarda le vit- time, che si contano in quasi otto milioni. «Il cuore di tutto, secondo me. I mediatori hanno messo le vittime al centro delle negoziazioni di pace e questa è una novità positiva ri- spetto alle altre trattative che sono state fatte nel mondo. Ricordo che i rappresentanti delle vittime sono stati portati a L’Avana tra i negozia- tori. Qui esse hanno potuto rac- contare le loro esperienze e da al- lora i negoziati sono cambiati». L’apparato - Sistema integral de Verdad, Justicia, Reparación y no Repetición - concepito per affrontare il tema delle vittime pare piuttosto com- plesso. «L’apparato include tre commis- sioni con compiti specifici. La prima è la “Commissione della verità”, che non è un ente giuridico ma storico. Si tratta di dire al po- polo colombiano qual è la verità del conflitto, soprattutto nella pro- spettiva della riconciliazione. Du- rerà per tre anni. La seconda è la “Commissione per la ricerca degli scomparsi”. In que- sto momento in Colombia si sti- mano 80mila persone scomparse. Per quanto mi riguarda ci sono tre persone vicine alla mia famiglia che da 18 anni non sappiamo dove siano. Uno dei dolori più profondi è quello provato da una persona che non sa dove sia un suo caro. È un dolore che si tiene dentro per uno, due, dieci, venti anni. È un martirio, una tortura continua. Sono persone che soffrono troppo, affette da quello che gli psicologi chiamano il “trauma complesso” (sintomi prodotti da traumi cumu- lativi prolungati nel tempo: vio- lenze, guerre, prigionie, migrazioni forzate, ndr ). La terza è la “Commissione per la riparazione”. Come si debbono ri- pagare le vittime e come fare per- ché le riparazioni siano integrali: dalle persone scomparse al ritorno nei propri luoghi fino al recupero delle terre, del lavoro, delle case». La «giustizia riparativa» Quelli che ha spiegato sono tutti organi extragiudiziali. C’è però anche un organo giudi- ziale, anche se con caratteristi- che particolari. «Sì, si tratta dell’organo - an- ch’esso molto dibattuto (in- fatti il nuovo governo di

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