Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

Insegnaci a pregare COSÌ STA SCRITTO di Paolo Farinella, prete 17. Pregare: una vocazione ecclesiale L a preghiera è una «vocazione», non è mai un dovere o un obbligo, perché non si può amare per obbligo: solo gli schiavi sono «ob- bligati» ad amare e il loro sarà comunque un atteggiamento solo esteriore, proprio perché im- posto. La preghiera si colloca sul versante dell’a- more e quindi deve essere libera nel dono, passio- nale nell’intensità, autentica nella verità, totale nell’abbandono. Essa è anche la discriminante tra «paganesimo» e «fede»: il primo, che si annida dentro ogni «religione», abbonda di formule e di «adempimenti», come eseguire perfettamente orari, regole e ritmi. Vi possono essere più miscre- denti farisei nelle chiese, monasteri e conventi che tra la folla di un circo. Il fariseismo che è l’altro nome dell’irreligiosità è sempre in agguato e si ve- ste del suo abito proprio: il formalismo, che, per sua natura, è vuoto e privo di anima. Pregare è essere chiamati da… Se la preghiera è una vocazione, ci deve essere uno che chiama/invita/convoca e uno che ri- sponde/accetta o rifiuta. Questa dinamica si chiama relazione fiduciale, colloquio affettivo. Non nasce a caso, ma sgorga dal cuore stesso di Dio che così fonda la sua alleanza «nuova ed eterna» (Ger 31,31; Canone dell’Eucaristia; cfr. Lc 22,20). Sta qui la natura della Chiesa che da questo movi- mento nasce come desiderio di Dio. Nota esegetica. Nel NT vi sono due parole sulle quali spesso sorvo- liamo superficialmente e che invece sono strettamente legate, a partire dal significato etimologico. A nostro avviso sono il fondamento fonda- tivo della «pre- ghiera». Le pa- role sono: «Chiesa» e «Paràclito» perché derivano dallo stesso verbo greco « kaléō - chiamo / parlo / dico», nel suo senso di base. Esaminiamole brevemente tutte e due. Premettendo al verbo «kaléō» il prefisso « ek - da» (pre- posizione di origine o di moto da luogo) si ha il verbo composto « ek-kaléō - ri-chiamo/in-vito/con-voco da… /da parte di… [Dio]». Da questo verbo si forma la parola greca «ek-klēsía», che ha il significato originario di «ri- chiamata/in-vitata/con-vocata da…». Nella tragedia «Oreste», Euripide (485-407/6 a.C.) usa l’espressione «ékklētos òchlos» nel senso proprio di «folla/assem- blea convocata/radunata» (cfr. Lorenzo Rocci, Vocabo- lario Greco-Italiano , ad vocem). Dal greco si passa al la- tino ecclēsĭa , da cui derivano le traduzioni neolatine «chiesa, eglise, iglesia, església, igreja, ecc. (non il tede- sco «Kirke» che deriva da « Kýrios - Signore» o l’inglese «Church» che risale all’antico sassone « Cirice - riu- nione/chiesa»). La Chiesa è «la chiamata, la radunata, la convocata, la riunita dallo Spirito di Dio attorno al Lò- gos/Parola che è Gesù. Di tutto questo l’Assemblea eu- caristica è sacramento, simbolo, presenza, esperienza e testimonianza. Premettendo al verbo «kaléō» il prefisso « parà- in fa- vore di…/a nome di…/accanto a…», si ha la parola: « Parà-kalèō - chiamo/parlo/invito/in favore di… o a nome di… qualcuno» che per estensione diventa «avvo- cato - colui che difende qualcuno perché parla in suo fa- vore o difesa». Da esso deriva anche l’aggettivo verbale « Parà-klētos - paràcleto/paràclito», che, sia nella tradi- zione biblica sia in quella giudaica, compresi Giuseppe Flavio e Filone, ha sempre il significato di intercessore e consigliere. In tutto il NT ricorre solo cinque volte e sol- tanto in Gv, quattro volte nei discorsi di addio (cfr. Gv 14,16.26; 15,26; 16,7; 1Gv 2,1). San Paolo usa l’ag- gettivo verbale da solo, « klētos - chia- mato» per indicare la propria vo- cazione di apostolo (cfr. Rm 1,1; 1Cor 1,1) e quella dei credenti in Cristo, che pone sullo stesso piano (cfr. Rm 1,2; 1Cor 1,2.24). © AfMC / Gigi Anataloni

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