Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

30 MC AGOSTO-SETTEMBRE2018 riuscito a regalare una tregua suf- ficiente per eleggere democrati- camente un nuovo presidente. Con il tempo, purtroppo, l’effetto di quella visita è come svanito e l’occasione di voltare pagina è stata per l’ennesima volta spre- cata. Gli scontri si sono moltipli- cati su tutta l’estensione del paese e quella pace, che ave- vamo appena accarezzato, sem- bra quasi più lontana di prima. Una guerra, perché? Perché è iniziata questa guerra? E perché sembra impossibile arre- starla? Le guerre sono sempre complesse, iniziano per tanti mo- tivi ed evolvono nel tempo. An- che per chi abita qui da anni è dif- ficile spiegare le vere ragioni del conflitto e, ancor di più, suggerire la soluzione giusta per spegnere l’incendio evitando che si propa- ghi ora qui, ora là - quasi come i fuochi della savana - lasciando solo morti, distruzione, paura e scoraggiamento. Attualmente i due campi avversari non sono neppure così nettamente distin- guibili, come nei primi anni della guerra, tra Seleka (la coalizione delle milizie a maggioranza mu- sulmana, tra cui anche mercenari di altri paesi) e gli anti-balaka (le milizie di autodifesa, sorte a di- fesa della popolazione del paese, a maggioranza cristiana, ma dalle quali i vescovi hanno sempre preso le distanze). La Seleka è uf- ficialmente sciolta. Ogni gruppo di ribelli ha il suo capo, i suoi obiettivi e la sua zona d’influenza (ad esempio l’Unione per la pace in Centrafrica è il gruppo che ha compiuto l’attacco a Séko, ndr ). Non c’è più quella guerra casa per casa, quartiere per quartiere che Bangui aveva conosciuto nel 2013 e nel 2014. Ora si tratta di batta- glie che hanno per protagonisti gruppi di autodifesa, i soldati dell’Onu o le forze dell’ordine. Tre quarti del paese sono come fuori dal controllo dell’autorità dello stato. Guerra per le risorse La guerra in Centrafrica, iniziata di fatto già nel 2012, non è uno scontro confessionale o etnico. Si tratta piuttosto dell’ennesimo conflitto per la conquista del po- tere e per lo sfruttamento delle ricchezze di cui abbonda il sotto- suolo (ad esempio i diamanti, ndr ). Purtroppo, l’elemento con- fessionale si è inserito violente- mente, avvelenando quella convi- venza tra cristiani e musulmani che faceva del Centrafrica - in un tempo ormai lontano - un esem- pio di coabitazione pacifica. Seko e Fatima confermano che per ri- tornare alla situazione prece- dente la strada è ancora lunga. Durante l’omelia, in occasione dei funerali del sacerdote ucciso e di alcune delle vittime, il cardinale di Bangui ha messo tutti con le spalle al muro denunciando l’i- nerzia del governo, la lentezza dell’Onu e il rischio che i cristiani cedano allo sconforto o, peggio ancora, alla logica della violenza e della vendetta. C’è un nemico in- sidioso che sta distruggendo il Centrafrica. E questo nemico, ha scandito il Cardinale, è il diavolo. Solo le armi della fede possono vincerlo. Bangui, ferita al cuore della sua fede, non è arrabbiata con Dio. È arrabbiata piuttosto con quegli uomini che non vogliono la pace e, quasi obbedendo a un’agenda nascosta, si ostinano a bloccare il paese, come se fosse ineluttabil- mente condannato alla miseria e alla guerra. Bangui e tutto il Cen- trafica sono in cerca di eroi - tra i governanti, i soldati, i giovani - che si alzino come un solo uomo e dicano no alla guerra e sì alla pace. Federico Trinchero* RCA * P ADRE F EDERICO T RINCHERO : carmelitano scalzo, è missiona- rio in Rca e superiore del con- vento Notre Dame du Mont Carmel di Bangui. Avevamo scritto di lui nel luglio del 2014. Sopra : miliziano di guardia al quartier ge- nerale del gruppo armato musulmano, nel quartiere Pk5 a Bangui. Sotto : sfollati si spostano a causa della chiusura di un campo profughi. # © Florent Vergnes / AFP © Federico Trinchero

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