Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

24 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2018 vantano doti taumaturgiche e ne fanno strumento di ricchezza e prestigio. Questi campi possono ospitare centinaia di malati tenuti legati all’aperto, esposti alle in- temperie, lasciati tra gli escre- menti, privati per alcuni periodi di cibo e acqua e picchiati per far uscire dal corpo gli spiriti im- mondi. Non è raro che qualche malato perda la vita. «Una volta, arrivati in un campo, abbiamo vi- sto una ragazza digiuna da giorni che, spinta dalla fame, ha affer- rato un pollo mentre le passava vicino e l’ha divorato vivo. Dopo un paio di giorni è morta». Ahongbonon si scontra spesso con i responsabili dei campi di preghiera, «Cristo è venuto per togliere le catene, non per met- terle». La sua battaglia culturale, negli anni, dà i suoi frutti: «Te- niamo incontri periodici con le fa- miglie, per spiegare che quella psichica è una malattia come le altre, da curare con le medicine e con l’amore, non opera di strego- neria». Oggi sono sempre più nu- merose le famiglie che affidano i malati all’Association Saint Ca- mille, ma Grégoire lamenta la la- titanza delle autorità politiche e religiose nel contrastare le atti- vità dei campi di preghiera. Da malati a terapeuti Grégoire e la sua associazione creano decine di centri in Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio e Togo. Oggi sono 26.000 i malati assistiti, attraverso un triplice si- stema: fornitura di psicofarmaci a basso costo; accoglienza di tipo comunitario fondata sull’amore e la condivisione; équipe curante costituita in prevalenza da ex pa- zienti. Sul primo punto, i prezzi applicati nei centri dell’associa- zione possono arrivare anche a un sesto o un settimo di quelli standard, in virtù della scelta di usare solo farmaci generici di prima generazione (svincolati da brevetto), acquistati inoltre in grandi quantità per spuntare prezzi convenienti. La vita nei centri si svolge su base comunitaria, malati e operatori condividono la quotidianità. Ogni centro può ospitare fino a 200 persone; in ognuno c’è una cap- pella che serve anche da alloggio e dormitorio per alcuni malati perché, dice Grégoire, «Dio è fe- lice di stare vicino ai suoi poveri». Una volta al giorno, per chi lo de- sidera, c’è un momento di pre- ghiera collettiva, «ma la parteci- pazione è libera; nei nostri centri accogliamo persone di qualsiasi fede religiosa, senza distinzioni». Un ulteriore elemento terapeu- tico è costituito dagli ex malati - ormai guariti o stabilizzati grazie ai farmaci - che si prendono cura degli altri, dopo essersi formati come operatori o infermieri. Que- sti ex pazienti sono assunti e re- tribuiti regolarmente; come av- viene in molte parti dell’Africa, data la carenza di medici, il loro compito è visitare, fare diagnosi, prescrivere farmaci. Alcuni di loro hanno assunto ruoli direttivi, come Pascaline, un’ex AFRICA DELL’OVEST Qui a sinistra : un malato in uno dei centri aperti da Grégoire. Qui a destra : una malata incatenata nel «centro di preghiera» di Tabligbo. # Sotto : insegna del «centro di pre- ghiera», dove i malati sono maltrat- tati, presso Tabligbo, Togo. In basso a destra : il libro di Rodolfo Casadei, «Grégoire. Quando la fede spezza le catene», Emi 2018; e sotto l’insegna del centro di accoglienza e reinserimento «Oasis d’Amour» fon- dato da Grégoire a Bohicon, Benin.

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