Missioni Consolata - Luglio 2018

F ra il 2008 e il 2013, un preci- pitare di eventi, non tutti collegati fra loro, rese parti- colarmente difficile la situa- zione debitoria di vari paesi del- l’eurozona. E a indicare quelli più in difficoltà venne creato l’acro- nimo Piigs («maiali», in inglese), comprendente Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna. Dall’Irlanda alla Grecia L’Irlanda fu il primo paese a mo- strarsi pesantemente inguaiato, e non per mala amministrazione o per avere voluto garantire ai citta- dini chissà quali lussi, ma per aver salvato le proprie banche. L’ec- cesso di azzardo aveva portato le principali banche irlandesi sull’orlo della bancarotta e, per evitare il loro fallimento, il governo irlan- dese le foraggiò con 64 miliardi di euro. Un’operazione fatta a debito che in cinque anni portò il debito pubblico irlandese da un minu- scolo 25% del Pil nel 2007, a uno spaventoso 120% nel 2012. Il secondo paese a lanciare l’Sos fu la Grecia che, per la verità, già da anni si portava dietro un pesante fardello. Fin dal suo ingresso nel- l’euro aveva un debito pubblico pari al 100% del Pil, ma la situa- zione sembrava stabilizzata. Se- nonché dal 2004 il debito aveva ri- preso a crescere un po’ per fare fronte alle spese connesse alle Olimpiadi, un po’ per garantire ai cittadini pensioni e salari più alti, oltre che servizi migliori. La situa- zione precipitò nel 2010 quando si seppe che lo scoperto annuale su- perava il 15% del Pil, mentre il li- mite imposto dai trattati europei era (ed è) al 3%. Nell’aprile del 2010 la Grecia venne dichiarata inaffidabile dalle agenzie di rating e di colpo non ottenne più un cen- tesimo di prestito dal sistema ban- cario e finanziario privato. Senza nuovi prestiti, la Grecia non avrebbe potuto pagare né inte- ressi né rate in scadenza: di fatto sarebbe stato come dichiarare fal- limento. Una vera sciagura per i creditori, al 70% stranieri, e per l’euro che poteva subire una grave svalutazione per perdita di fiducia. Fu così che, per evitare la cata- strofe, il 2 maggio 2010 l’Unione europea, la Banca centrale euro- pea e il Fondo monetario interna- zionale, la famosa «Troika», misero a disposizione della Grecia 110 miliardi di euro per le scadenze più ur- genti. Questi non basta- rono e in seguito vennero accordati altri prestiti: 172 miliardi nel 2012 e 86 miliardi nel 2015. Oggi ve- diamo che il debito pubblico greco ha continuato a crescere, fino a raggiungere, nel marzo 2018, 330 miliardi, il 180% del Pil, detenuto per l’80% da soggetti pubblici: go- verni europei, Fondo monetario internazionale, Banca centrale eu- ropea e greca. Soggetti che, pur essendo pubblici, non si sono mo- strati più magnanimi dei creditori privati. Anzi si sono dimostrati peggiori perché hanno approfit- tato della loro posizione di potere per mettere il parlamento e il go- verno greco sotto ricatto. Per prima cosa hanno chiarito che non regalavano, ma prestavano con tanto di interessi e di scadenze prefissate per la restituzione del capitale. Poi però hanno fatto di peggio: hanno condizionato l’e- sborso dei prestiti alla sottoscri- zione di una serie di impegni. Prestiti e ricatti Qualcuno li aveva definiti «maiali» (Piigs). Erano i paesi comunitari dell’area mediterranea - Portogallo, Italia, Grecia e Spagna - più l’Irlanda, che tra il 2008 e il 2013 si erano trovati in grave difficoltà a causa del loro debito. Intervenne la «Troika» che, in cambio di prestiti (onerosi), pretese una serie di pesanti impegni. Oggi la situazione finanziaria pare più stabile, i governi più deboli, la gente più povera. E la chiamano economia PRIMA LA CONOSCIAMO, PRIMA LA CAMBIAMO La rubrica di Francesco Gesualdi A destra : Christine Lagarde, già ministro francese, dal luglio 2011 dirige il Fondo monetario internazionale (Fmi). # © Simone D McCourtie / World Bank

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=