Missioni Consolata - Luglio 2018

• Cristiani perseguitati | Donne | Islamismo radicale • MC R da parte di gruppi islamisti radi- cali sono numerose. Tra queste: l’odio a sfondo religioso; il desi- derio di umiliare, conquistare, in- timidire e disonorare gli «infe- deli» e le loro comunità; la speci- fica intenzione di strappare le donne alla loro fede. Molti gruppi jihadisti considerano lo stupro e la conversione forzata delle donne non musulmane come parte della da’wa , letteral- mente «richiamo, appello, propa- ganda», una forma di proseliti- smo inteso come un dovere per gli aderenti a questi gruppi. Interessante, a tal proposito, una sorta di vademecum pubblicato dall’Isis nel dicembre 2014, nel quale si trova, tra gli altri, anche il seguente passaggio: «Non vi è al- cun dubbio tra gli studiosi che sia permesso catturare le donne mi- scredenti, infedeli, quali le appar- tenenti alla gente del libro o le pagane». Molte delle molestie e degli abusi sessuali ai danni delle donne ap- partenenti a minoranze religiose sono istigati da leader fanatici che attraverso le loro accese pre- diche incitano e/o perdonano le violenze contro gli infedeli. Nel 2013 un leader del radicali- smo salafita giordano, residente a Damasco, Yasir al Ajlawni, ha emesso una fatwa che consentiva a tutti gli oppositori di Bashar al- Assad di «catturare e avere rap- porti» con qualsiasi donna non sunnita. Tale fatwa ha di fatto giustificato quanto accaduto qualche tempo dopo a Qusair, città del governatorato di Homs, allora in mano al fronte al-Nusra, dove la quindicenne cristiana Ma- riam è stata presa dal coman- Uno di questi è l’Iran, dove l’arti- colo 102 del Codice penale pre- vede sanzioni per le donne che si mostrano con il capo scoperto. In Arabia Saudita le donne che non indossano un abaya (lungo ve- stito nero che copre l’intera fi- gura) e che non coprono il viso e i capelli sono spesso molestate dalla mutawwi’a , la polizia reli- giosa. In Sudan la legge punisce con un massimo di 40 frustate chiunque «abbia un abbiglia- mento indecente o immorale». Sono diversi infatti i casi di donne cristiane condannate alla fustiga- zione o al pagamento di multe sa- late soltanto per aver indossato i pantaloni o gonne ritenute troppo corte dalla temuta hisbah , la polizia religiosa. Stupri e rapimenti Un altro dramma è quello degli stupri e dei rapimenti. Se in ge- nere nel mondo le violenze ses- suali sono tra i crimini denunciati con più difficoltà (in media il 10 per cento delle vittime), ciò è an- cor più riscontrabile nei paesi a maggioranza islamica. Le donne che sono state stuprate hanno paura di essere rinnegate dalla propria famiglia o di diventare vittime di delitti d’onore. Inoltre, nei paesi in cui la legge punisce l’adulterio, un esempio è il Paki- stan, le donne che hanno subito violenza rischiano perfino di es- sere condannate. La sharia definisce lo stupro ( zina bil-jabr ) come una forma imposta di fornicazione o adulterio ( zina ). In alcuni paesi, tante donne pre- feriscono tacere perché sanno che se non riusciranno a provare la violenza, verranno accusate di adulterio - provato dalla stessa denuncia di stupro - e incorre- ranno in punizioni quali arresto, fustigazione o condanna a morte per lapidazione, una pena ancora applicata in Arabia Saudita, Paki- stan, Sudan, Yemen, Emirati Arabi Uniti e in dodici stati della Nigeria del Nord. dante del battaglione del gruppo jihadista e costretta a contrarre matrimonio islamico con lui. Vio- lentata e ripudiata, è stata poi «passata» ai suoi uomini. L’iter si è ripetuto con quindici uomini in quindici giorni. Dopodiché la gio- vane, ormai mentalmente insta- bile a causa dello shock, è stata uccisa 5 . Il codice di abbigliamento Il salafita radicale egiziano Hi- sham el-Ashry, nel gennaio 2013 ha affermato in tv in prima serata che le donne cristiane dovreb- bero coprirsi, ma che «se preferi- scono essere stuprate, possono continuare a non portare il velo». Apparentemente dello stesso av- viso è l’imam Sami Abu-Yusu, della moschea salafita Al-Tawhid di Colonia, in Germania, secondo il quale le molestie e gli abusi ve- rificatisi nel capodanno del 2016 nella città tedesca non sono avve- nuti per colpa di molestatori e stupratori, quanto delle donne che si trovavano in piazza «semi- nude e con indosso del profumo provocante» 6 . Questi casi ci introducono a un al- tro problema: il codice d’abbiglia- mento islamico. Anche se indos- sare indumenti quali hijab , niqab o abaya non è obbligatorio nella maggior parte degli stati musul- mani, a volte le donne che non si attengono al codice di abbiglia- mento islamico sono insultate, assalite, violentate e perfino uc- cise perché vestite in maniera «provocante». In alcuni paesi, invece, il velo è obbligatorio per legge, e anche le donne non musulmane sono co- strette a indossarlo in pubblico. LUGLIO2018 MC 59 A sinistra : una donna copta egiziana prega durante una celebrazione al Cairo. Qui : donna iraniana cammina davanti al murale raffigurante Khomeini sul muro dell’ex ambasciata degli Stati Uniti, viale Taleghani, Teheran, Iran. # Jadranko Marjanovic / Flickr.com

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=