Missioni Consolata - Luglio 2018

54 MC LUGLIO 2018 PERÚ Il segretario esecutivo della Repam «Vogliamo “amazzonizzare” il mondo» In tanti parlano di Amazzonia, ma in pochi agiscono per contrastare la sua distruzione. Nata meno di quattro anni fa, la «Rete ecclesiale panamazzonica» (Repam) sta ope- rando nei nove paesi amazzonici e tentando di coscientizzare il resto del mondo sul problema. Ne abbiamo parlato con Mauricio López Oropeza, segretario della Repam. P uerto Leguízamo (Colombia). «Da quando sono entrato in questo territorio, mi è stato ru- bato il cuore». Mauricio López Oropeza, 40 anni, è messicano e l’Amazzonia l’ha conosciuta in Ecuador dove arrivò dieci anni fa per completare gli studi. Oggi è sposato con Ana Lucía, cittadina ecuado- riana, lavora con la Caritas nazionale ed è segretario esecutivo della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) dalla sua fondazione. Mauricio, come si può descrivere l’Amazzonia in poche parole? «L’Amazzonia non è soltanto un territorio. È un bioma unico. Un sistema vivo in cui i fiumi rappresentano il sangue e le vene. Un sistema diverso e complesso di cui ancora oggi conosciamo pochissimo. I popoli originari che vi vivono rappresentano un modello distinto da quello occidentale». Negli ultimi cinquant’anni è cambiato il modo di guardare all’Amazzonia. «È vero. Prima l’Amazzonia era il patio trasero (cortile di casa) del pianeta. Era vista come una terra pratica- mente disabitata che occorreva dominare, controllare, colonizzare. Le sue popolazioni erano considerate com- poste da indios selvaggi da civilizzare. Oggi l’Amaz- zonia si è trasformata in plaza central (piazza centrale) su cui tutti si riversano a causa de- gli enormi interessi che su di essa si sono scatenati». Quali sono leminacce principali che gravano sull’Amazzonia? «La prima minaccia è il modello di svi- luppo seguito. È un modello neoliberista che ha nell’ ESTRATTIVISMO la propria mani- festazione più devastante. Essendo ricca di petrolio e di risorse minerarie, l’Amazzonia è colpita dalla “maledizione dell’abbondanza”. Ciò produce una pressione enorme a favore dell’estrazione. In questo modo è come bruciare un archivio naturale: non sappiamo quanta ricchezza genetica potrebbe per- dersi. La seconda minaccia è l’ ESPANSIONE DELLA FRONTIERA AGRICOLA (con la soia in prima fila) e dell’allevamento bovino in un territorio inadatto a queste attività. La capacità organica dell’Amazzonia è molto più bassa rispetto ad altri territori. Tuttavia, essendo conside- rata uno spazio disponibile (a dispetto di eventuali territori indigeni), il disboscamento è incessante (siamo ormai al 25% del totale) e questo sta mettendo a rischio tutto il sistema, in primis quello del ciclo dell’acqua». Distruggere l’ambiente amazzonico significa im- plicitamente distruggere coloro che lo abitano. «La terza minaccia riguarda infatti la sopravvivenza stessa dei popoli amazzonici. I più minacciati sono quelli in isolamento volontario (popoli non contattati). Sarebbero 140 nel mondo, 130 di essi nella Panamaz- zonia e 110-120 nella sola Amazzonia del Brasile. È una sfida enorme. Come salvare queste sorelle e fra- telli che vivono in modo completamente distinto da quello occidentale? I popoli indigeni hanno tutto il di- ritto di entrare, qualora lo vogliano, nelle dinamiche del nostro mondo, ma debbono anche avere la possibi- lità di preservare il proprio territorio e la propria cul- tura. In questo hanno fallito i governi - di destra e di sinistra - che sono andati contro le proprie costituzioni e accordi internazionali sot- toscritti». A destra : Mauricio López, segretario esecutivo della Repam, du- rante una sua (appassionata) relazione. È anche membro della Commissione preparatoria del Sinodo panamazzonico del 2019. # © Paolo Moiola

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