Missioni Consolata - Luglio 2018
E Ayue l’aveva guardata, l’aveva vista trasfor- marsi, piena di consapevolezza. È casa mia, sembravano dire i suoi occhi, anche questa è casa mia. Ma non sembrava esserci «casa» per quella ra- gazza italo-cinese, non ancora. Non dimenticarti le tue origini. Le intreccerò con quelle nuove. Non puoi comportarti da italiana. Sto solo cercando di essere me stessa. Non tradire i valori della famiglia. Vi amerò per sempre, ma rispetterò ciò che è giusto. La vita è lavoro, lavoro, lavoro. La vita è un’esplosione di bellezza nei posti più inaspettati. Tu non appartieni a questo posto. A quale posto appartengo allora? A cosa ti serve continuare a studiare? Per andare oltre, per superare i confini. Quando aprirai una tua attività? Voglio poter creare. Ti devi sacrificare per la famiglia. Non significa rinunciare ai miei sogni. Non puoi stare con un ragazzo italiano. Non saranno altri a scegliere chi amerò. Sei cinese. E molto di più. L a prima volta che aveva visitato i nonni al villaggio era stata delusa dalla rapidità con cui era scemato il suo entusiasmo, ma aveva solo sette anni e i bambini si annoiano in fretta. Soprattutto, sanno essere tanto intelligenti da te- nersi alla larga dalle domande esistenziali che portano al limbo delle non risposte. Crescendo, tuttavia, si decide di volere di più dalla vita, di es- sere di più - si vuole dare un perché alle proprie azioni, un senso ai propri sogni, una giustifica- zione ai propri errori. Ed è in questo punto della storia che Ayue si sen- tiva persa. Sentiva la propria identità sfuggirle di continuo, sabbia fra le dita, in costante mutamento. Le capi- tava di guardarsi allo specchio e non riuscire a dare un nome al proprio riflesso. Era la figlia cinese dei proprietari del ristorante vicino al centro. Era la studentessa italiana che aveva scelto il liceo classico. Era la ragazza senza nazionalità che si rifugiava nel respiro della scrittura. Alla ricerca di una terra a cui appartenere. Cittadina del mondo, le piaceva definirsi, come molti altri prima di lei. Continuò a camminare sul ciglio della strada, mordendosi il labbro inferiore come faceva tutte le volte che non sapeva bene cosa dire. In quel momento, non trovava le parole per par- lare con se stessa.
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