Missioni Consolata - Luglio 2018

40 MC LUGLIO2018 D P er quanto detestasse il villaggio, Ayue amava percorrere quella strada in salita che l’avrebbe portata alle immense, infi- nite risaie di Yuhu. Le piaceva il suono dei suoi passi sulla pietra nuda, il chiacchiericcio delle case che si affaccia- vano sulla via, il tepore del sole sulla pelle alle otto del mattino. Sapeva bene che l’afa estiva l’avrebbe investita con tutta la sua violenza da lì a qualche ora, proprio per questo cercava di godersi quel momento in un misto di aspettativa e leggerezza. Una delle poche consapevolezze che aveva, infatti, era che nelle terre della provincia di Wencheng il mese di luglio - almeno per lei - aveva il sapore de- gli incubi, intensificato dal ronzare delle zanzare e dall’umidità che pareva soffocarli tutti in una morsa. Tuttavia, il panorama delle campagne ci- nesi aveva una bellezza intrinseca che difficil- mente poteva essere messa in dubbio. All’oriz- zonte il profilo delle montagne permetteva al cielo di scivolare su e giù in un’altalena di colori e di forme, mentre le nuvole scorrevano pigre sullo sfondo. Era come contemplare una di quelle tele ad olio dove i contorni sono sfuggenti, sfumano nel sogno. Ayue amava sollevare lo sguardo e perdersi in tutto questo, cadere fuori dal tempo e risvegliarsi all’improvviso, con una fotografia in più negli oc- chi. Ogni tanto cercava di immaginarsi anche una vita lì, nel paese che aveva visto nascere i propri geni- tori - una vita semplice, contadina, scandita da momenti precisi e ripetuti nel tempo. Sveglia al- l’alba, colazione, giro al mercato, pranzo, qualche risata strappata, cena, una partita a mahjong, un’ultima passeggiata alla luce dei lampioni. Ma non sarebbe sopravvissuta, non sarebbe ri- uscita a vincere quella quotidianità fatta di terra, di legna, di lenta rassegnazione - era difficile rico- noscersi in un luogo così diverso da quello in cui era nata lei, l’Italia. C iò che sua madre chiamava 家乡 , jiaxiang , paese natale, per lei non era altro che una serie di edifici tutti uguali in un paesino nella regione di Zhejiang. Nient’altro, se non un minuscolo puntino nella geografia della Cina. Come avrebbe potuto trovare le sue radici in un posto del genere? In quale misura avrebbe potuto comprendere, sentire, la sua identità, tanto era sospesa fra un mondo e l’altro? Era come rimanere immobili a metà di un ponte, indecisi della direzione da pren- dere. L’unica cosa che le restava da fare era osservare le acque sotto di lei, il fiume inarrestabile della vita, cercando di riemergere dai propri pensieri. Chisonoqualèilmiopostonelmondocercareritro- varsiperdersiriflessirespira. Spesso, in balìa dei tumulti che le sconvolgevano la mente, Ayue tratteneva il respiro, come in ap- nea. In perenne attesa che qualcuno arrivasse a risolvere il groviglio delle sue emozioni. Si ricordava ancora la volta in cui era andata in Grecia, dopo cinque anni di studi classici. Era sa- lita sull’acropoli di Atene con quella che era la sua classe, quando ad un tratto una delle sue compa- gne, la cui nonna era originaria di Patrasso, co- minciò a piangere. Di un pianto che significava più di mille parole. Non singhiozzava, ma le lacrime scendevano co- piose di fronte allo spettacolo del Partenone, della capitale intera, come se all’improvviso il sangue avesse cominciato a ribollire e a gridare l’apparte- nenza a quella terra infuocata e splendida come solo le cose eterne sanno essere. (S) corri nellemie vene. Sottopelle DI L UISA Z HOU - [C INA ] © AfMC / Alvaro Pacheco - Wulingyan - Cina

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=