Missioni Consolata - Giugno 2018
Q uando l’Allamano era a buon punto nella realizzazione del suo progetto missionario, gli capitò un fatto im- pensato, che, in un certo senso, lo condi- zionò. Ecco come lo narrò ai giovani: «Un giorno ho trovato Mons. Demichelis per To- rino, mentre andavo ad un funerale, e ve- niva anche lui. L’ho salutato perché lo cono- scevo, ma solo di vista. Egli mi ferma e mi dice: “Sa, io voglio togliere quel mio collegio. - E perché? - Sono già stanco; solo per mantenere i professori mi costa 10 mila lire all’anno, e non va più”. Gli ho detto: “Ma abbia pazienza ancora un poco...”. “Oh, non va più, non va più...”. Poi ci siamo lasciati e non l’ho più incontrato. Una domenica, mi vengono a chiamare in fretta, che que- sto mons. Demichelis è ma- lato e vuole che vada a ve- derlo. Vado subito, e arrivato là lo trovai che non era ancora proprio fuori dei sensi, infatti mi ha ricono- sciuto, ma non parlava più. Pensavo che vo- lesse una benedizione della Consolata, e gliela ho data; poi stavo lì. Lui mi prendeva per il braccio; si vedeva che aveva qualche cosa da dirmi, ma non poteva. Allora la do- mestica tira fuori un foglio e me lo dà, di- cendo che il malato aveva detto di conse- gnarlo a me. Io lo guardo e vedo che era il testamento. Dicevo: “ma io qui c’entro mica niente”. Ecco che mentre stavo pensando come mai andasse quella faccenda, entrano i medici. Allora io mi ritiro nell’altra camera. Natural- mente il foglio era stato nelle mie mani, ma senza che ancora l’avessi letto. Mentre stavo aspettando dico tra me: sarà meglio che lo legga, così quando andranno via i dottori, se c’è qualcosa che mi riguarda, potrò parlare. L’apro, e vedo che mi lascia erede di tutte le sue sostanze. Sono rimasto stupito, e non sapevo come spiegare quella cosa. Intanto i DONO INATTESO dottori vanno via, ed io posso di nuovo en- trare dal malato. Provo a fargli dire qualche parola di spiegazione, ma faceva solo qual- che gesto; parlare non poteva. Allora mi fac- cio dare una penna ed un pezzo di carta, e gli faccio cenno se poteva scrivere qualche cosa. Lui prende la penna e scrive: (tremava tutto, ma ha scritto in modo che si poteva leggere). “Abbia pazienza”. Quando ho letto quello ho detto: qui c’è niente da fare. Avrò pazienza e aspetterò. Così mi ha lasciato la casa della Consola- tina e questa di Rivoli». Quel «abbia pazienza» impres- sionò l’Allamano. Quando era ancora titubante sulla fondazione, il card. Ri- chelmy, forse per dargli una spinta, gli disse: «Vedi? Il Si- gnore ti manda la casa. Cosa vuoi ancora per conoscere la sua volontà?». Davvero, quel dono inatteso, accettato con «pazienza» divenne un motivo in più per conoscere che Dio voleva proprio da lui la fondazione dell’Istituto missionario. La Consolatina, dono inatteso. Quella casa fu il primo nido per la prepara- zione dei missionari e poi delle missionarie. Da quella casa partirono i primi quattro mis- sionari per il Kenya. La celebrazione della partenza avvenne ai primi di maggio 1902, nella cappella, con l’intervento del card. Ri- chelmy, dei famigliari e di un numero ri- stretto di invitati. L’arcivescovo, rivestito de- gli abiti pontificali, dopo il canto del Magnifi- cat , benedisse i crocifissi e li impose ad ognuno dei partenti. Merita sentire come un giornalista avvocato, Luigi Chiesa, inviato dal Corriere Nazionale descrisse quella celebrazione. Il direttore del giornale gli aveva detto: «Chiedi informazioni al can. Allamano». Ecco il racconto: «Mi tro- vai con mezz’ora di anticipo. La chiesetta aveva un bell’altare tutto infiorato, sul quale cammino di santità 78 MC GIUGNO2018
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