Missioni Consolata - Giugno 2018
poca (dai primi anni 2000) è stata una vera e propria pri- mavera dell’America Latina. L’entusiasmo e la sincerità di questo ex operaio della Volk- swagen, che al suo mestiere di tornitore aveva sacrificato perfino due dita, aveva permesso ai brasiliani di sognare anche per iniziative come il piano «Fame zero» , messo in piedi dal teologo della liberazione Frei Betto che, su inca- rico di Lula, era riuscito nell’impresa di assicurare a 50 mi- lioni di abitanti, i più poveri, tre pasti al giorno. Era un nuovo mondo che si scrollava di dosso la dittatura militare e incominciava a diventare un esempio politico, mettendo in crisi perfino pezzi di socialismo occidentale. N on potrò mai dimenticare una sera in cui, per pre- sentare un libro di Rigoberta Menchù sulle stragi in Guatemala, alla festa dell’Unità di Modena, ero riu- scito a riunire con Lula, lo scrittore guatemalteco Dante Liano, scampato ai massacri previsti dal Plan Condor bene- detto da Nixon e Kissinger (piano Usa di destabilizzazione delle democrazie in America Latina, ndr ), insieme a Frei Betto, frate domenicano e teologo della liberazione, carce- rato e torturato dalla dittatura brasiliana, ed Eduardo Ga- leano, il più acuto saggista del continente latinoameri- cano. Tutti avevano toccato le corde dell’emozione, ma il più ap- passionato era stato proprio Lula che, qualche anno dopo, sarebbe diventato per la prima volta presidente del Bra- sile. Ci avevano invitato i ragazzi della Fgc (Federazione giovani comunisti) felici di ricevere così tante figure profe- tiche del continente, oltretutto scampate all’estinzione. Non avevano però lo stesso entusiasmo i militanti più avanti nell’età e gli organizzatori della festa. «Minà questa sera nella sala grande abbiamo il confronto tra Vitali e Guazzaloca, forse sarebbe meglio che con i suoi ospiti andasse in un ambiente più raccolto» (Giorgio Guaz- zaloca fu il primo sindaco di Bologna non di area centrosi- nistra nel dopoguerra e succedette a Walter Vitali nel 1999, ndr ). Era il dibattito tra il sindaco della tradizione progressista della città e quello conservatore che gli sa- rebbe succeduto. Ricordo che mi scappò una frase sarca- stica: «Non solo rischiate di far vincere ai vostri avversari le elezioni amministrative a Bologna, città rossa, ma gli pre- parate anche il terreno adatto». Quella sera rimanendo nel nostro spazio concerti, assegnatoci dai ragazzi della Fgc, spaccammo in due la festa. Un migliaio di spettatori per la sfida Vitali-Guazzaloca, e altrettanti per noi. Rigo- berta firmò 500 libri in poco più di mezz’ora. Q ualche mese dopo Massimo D’Alema invitò a Fi- renze quasi tutti i leader socialisti delle nazioni più importanti. A sorpresa, però, per il Brasile, non si ri- cordò di invitare Lula Da Silva, il leader di 50 milioni di bra- siliani che votavano a sinistra. Preferì trasmettere l’invito a Fernando Henrique Cardoso, leader della coalizione di centro destra che governava in quel momento. La giustifi- cazione? Cardoso in gioventù era stato un sociologo pro- gressista che D’Alema probabilmente aveva letto. Lula che con bonomia mi ha raccontato questa gaffe, ha ricordato che, quando era già succeduto a Cardoso, D’Alema era vo- lato a Rio con Piero Fassino per il summit dell’Internazio- nale socialista e la prima cosa che aveva fatto era stato chiedere una mozione di censura per Cuba. È stato lo stesso Lula, che pure è un moderato, a ricordare alla dele- gazione italiana che «per la maggior parte dei latinoameri- cani la Revolución è un esempio indiscutibile». O ra io non so perché, dopo il successo, il Pt si sia di- sfatto in un pugno di anni. So però che se Lula po- tesse, rispettando le regole, presentarsi come can- didato per le prossime elezioni del paese (a ottobre, ndr ), vincerebbe, secondo i sondaggi, senza discussione. Per equità ricordo anche che, l’ex vice di Dilma Rousseff, il pre- sidente sostituto Michel Temer ha venduto l’anima ed è attualmente uno degli uomini più indagati e discussi della storia moderna del Brasile. Basta leggere il suo curriculum dal quale, per esempio, ap- prendiamo che nell’inchiesta Operaçao Castelo de Areia , sulla corruzione all’interno dell’impresa di costruzioni Ca- margo Correa , il suo nome è citato ventuno volte nella li- sta desunta dalla contabilità parallela dell’impresa. È dun- que grottesco che Dilma sia stata sospesa e invece Temer possa governare in sua vece. Quello che più intristisce è che, ancora una volta, un qua- lunque Temer, pronto a qualsiasi intrigo, possa, con un colpo di stato moderno (rappresentato da compagnie sub- dole d’informazione di dubbia provenienza o da trame di servizi segreti o da logge massoniche) impedire a un po- polo di vedere trionfare le proprie idee, le proprie scelte e i propri diritti e che tutto questo avvenga con la benedi- zione di istituti come la Banca mondiale, il Fondo moneta- rio internazionale e le sette sorelle multinazionali del pe- trolio. Golpe che noi, farisei occidentali, spesso definiamo grottescamente come «atti di democrazia». Gianni Minà MC R 76 MC GIUGNO2018 © archivio Gianni Minà
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