Missioni Consolata - Giugno 2018

Ancora missili sulla Siria Belli, nuovi ed anche intelligenti Governi, politici e quasi tutti i media non hanno dubbi sulla Siria: il presidente Assad è il macellaio per definizione e va punito. I ribelli jihadisti sono diventati vittime. Sulla Siria c’è una narrazione dei fatti dominante. Ma non per questo va ritenuta vera. «N ice, new and smart»: sono gli agget- tivi con cui, in un tweet, Donald Trump aveva descritto i missili Usa. Missili poi lanciati - per fortuna senza fare vittime - sulla Siria nella notte del 14 aprile. Tre aggettivi il cui contrario descriverebbe perfettamente il presidente statunitense, probabil- mente uno dei peggiori della storia americana (per l’ambiente, l’economia, la pace, a prescindere dai - presunti - meriti nella vicenda nordcoreana). Sicura- mente il più pacchiano. Il loro lancio non è servito a nulla se non a mostrare i muscoli delle potenze occi- dentali (gli Stati Uniti affiancati dalla fida Gran Bre- tagna e dall’opportunistica Francia di Macron) e ad esasperare gli animi. La guerra siriana è ancora lì perché - come detto più volte anche da questa rivista - sul suo territorio si sta svolgendo una guerra per procura. Sulla pelle dei siriani e ora anche dei Kurdi. I n un mondo iperconnesso e sovraccarico di infor- mazioni spesso false o non verificate non è facile di- stricarsi per capire una situazione. Eppure, quasi a smentire questa condizione, per la guerra in Siria, in Occidente vengono accreditate (e dunque diffuse dai media principali) quasi sempre soltanto due fonti informative: gli Elmetti bianchi ( White Helmets ) e l’Os- servatorio siriano per i diritti umani ( Syrian Observa- tory for Human Rights ), i primi sponsorizzati soprat- tutto dagli Stati Uniti, il secondo dalla Gran Bretagna, ovvero da due paesi coinvolti nella guerra e schierati contro il presidente Assad (fonti: Gli occhi della guerra , Alberto Negri, Fulvio Scaglione). Consapevoli di questa distorsione informativa, per la Si- ria da tempo Missioni Consolata fa riferimento a mons. Mtanious Hadad e all’aggiornatissimo e prezioso sito di AsiaNews , che riceve le proprie informazioni da religiosi che nel paese vivono (e soffrono). Forse a causa di que- sta diversità di fonti la Siria che noi descriviamo è di- versa da quella descritta da altri, siano essi i maggiori telegiornali o quotidiani come la Repubblica o il Corriere della Sera . Precisato che non è affatto certo che ci siano stati attacchi chimici (fonte: Robert Fisk, The Indepen- dent ) e, qualora ci siano stati, da chi siano stati eventual- mente commessi (l’esercito governativo aveva già vinto), vediamo di dare conto delle molte voci dissonanti che non trovano spazio sui media importanti. S ubito dopo l’attacco missilistico padre Bahjat Elia Karakach, francescano del convento di Da- masco, ha parlato di pretesto delle potenze occi- dentali per attaccare la Siria come a suo tempo era av- venuto in Iraq. Per parte sua, mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo, ha affermato che le potenze avevano gettato la maschera (fonte: agenzia Sir ). Sandra Awad, membro di Caritas Sira, ha diffuso (fonte: AsiaNews ) una lettera aperta al presidente Trump raccontando la storia di Rabee, giovane che ha perso una gamba a causa dell’esplosione di un razzo lanciato dai ribelli della Ghouta orientale (oggi libe- rata). Il giovane oggi è riuscito ad avere una protesi e guarda al futuro. «Signor Trump - scrive Sandra -, la maggior parte delle famiglie siriane annovera tragedie analoghe. [...] Rabee vuole partecipare alla ricostru- zione della Siria, che lei invece vuole contribuire a di- struggere con il suo denaro, i suoi missili intelligenti e il suo odio profondo». È invece datata primi di marzo una durissima lettera (fonte: AsiaNews ) delle religiose trappiste siriane. «Quando taceranno le armi? E quando tacerà tanto giornalismo di parte?», si domandano. Le sorelle rac- contano della visita a una scuola bombardata dai ribelli. «Perché - si chiedono - l’opinione pubblica non ha bat- tuto ciglio, perché nessuno si è indignato, perché non sono stati lanciati appelli umanitari o altro per questi in- nocenti? E perché solo quando il governo siriano inter- viene [...] ci si indigna per la ferocia della guerra?». Viene ricordato che gli attacchi verso i civili sono stati iniziati dai ribelli jiadisti. «Oggi - proseguono le trappi- ste - dire alla Siria, al governo siriano di non difendere la sua nazione è contro ogni giustizia». Le religiose rispondono anche all’accusa che tutte le Chiese d’Oriente siano «serve del potere», riverenti «verso il satrapo siriano»: «È un modo per delegitti- mare qualunque appello della Chiesa siriana che faccia intravvedere l’altro lato della medaglia». La lettera si conclude con esplicite accuse ai mezzi d’informazione. «Chi critica il governo siriano guadagna le prime pagine dei grandi media. Qualcuno ricorda forse l’intervista o un intervento di un vescovo siriano su qualche giornale importante dell’Occidente?». M entre dei Kurdi di Rojava e Afrin non si parla quasi più (abbandonati nelle mani omicide del furbissimo Erdogan), mentre i missili lanciati da Israele sono considerati un atto dovuto ( Israel first ) e Trump sfascia l’accordo nucleare con l’Iran (8 mag- gio), dobbiamo sperare che il conflitto non si allarghi ulteriormente e che l’Arabia Saudita - danarosa alleata di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e di molti altri paesi occidentali - non decida di intervenire in Siria come sta facendo nel devastato (e dimenticato) Ye- men. Sarebbe molto imbarazzante dover dire che l’Ita- lia «non è un paese neutrale», come dichiarato (17 aprile) in parlamento da Paolo Gentiloni, primo mini- stro uscente del nostro paese. PaoloMoiola SIRIA 60 MC GIUGNO2018

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