Missioni Consolata - Giugno 2018
Insegnaci a pregare COSÌ STA SCRITTO di Paolo Farinella, prete 15. Pregare: desiderio di respirare in Dio N el numero precedente abbiamo tentato di pregare con il brano del Vangelo di Mt 14,22-33 dando alcune indicazioni ver- setto per versetto. Da questo testo, che descrive il modo di pregare di Gesù, possiamo de- durre alcuni atteggiamenti o, se vogliamo, regole, per semplificazione, sapendo che la preghiera e la vita spirituale non possono essere irrigidite dentro strutture immobili. Da un lato perché «lo spirito soffia dove vuole» e, possiamo anche aggiungere, «quando vuole» (Gv 3,8); dall’altro perché la pre- ghiera è strettamente legata alla psicologia e alle condizioni del momento: euforia, depressione, gioiosità, preoccupazione, stanchezza, entusiasmo, delusione, serenità, attivismo, tensione, solitudine, paura, voglia di sole e vita, bisogno di starsene soli e rintanati, protesi verso gli altri, chiusi in se stessi... tutto ciò che è umano ci appartiene e non possiamo dismetterlo né nella vita né nella pre- ghiera, altrimenti trasformiamo quest’ultima in alienazione, o nel migliore - o peggiore? - dei casi in abitudine che inevitabilmente scade nell’anoni- mato della routine. Osservando intimamente il modo di essere e di agire di Gesù, possiamo imparare da lui nel tenta- tivo di imitarlo, dal momento che il vangelo è stato scritto proprio per questo: farci vedere lui per con- vertirci noi, in forza del principio spirituale fonda- mentale: «Imparate da me» (Mt 11,29). Paolo di Tarso è intriso di questo principio fino al punto da diventare, a sua volta, lui stesso modello traspa- rente di Cristo: se in 1Cor 1,16 («Siate miei imita- tori»), osa proporsi come modello, rischiando di apparire presuntuoso, appena dieci capitoli dopo, non ha dubbi e rafforza il suo atteggiamento, fon- dandolo sulla sua identità con il Signore: «Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1Cor 11,1). Tutto questo è la traduzione lineare del mo- tivo che Dio stesso dà come fondamento dell’agire umano: «Siate santi perché Io-Sono Santo» (Lv 11,44-45; 19,2; 20,7.26; 1Pt 1,16). Il fondamento è Dio stesso, non un premio (para- diso), non un beneficio, ma la persona stessa di Dio perché se si è immagine sua non si può non met- tersi a fuoco con lui fino a diventare una cosa sola, una sola identità. Gesù lo dice nel suo discorso co- stituente e programmatico: quello della montagna (cfr. Mt 5-7) dove propone non come un ordine, ma con una prospettiva e un processo di crescita: «Voi sarete perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,48). In greco il verbo è al futuro «sarete» e l’aggettivo «perfetti - tèleioi » contiene il senso di maturità e di completezza nel divenire. Non «siete» che metterebbe in evidenza un impe- gno volontaristico di stampo morale: bisogna obbe- dire; ma «sarete» che si apre al divenire, all’evolu- zione, alla crescita verso la maturità e la pienezza, avendo come modello il Padre, sperimentabile nella persona di Gesù (1Gv 1,1-4). La preghiera è il processo di crescita di tutta la vita, non momenti staccati e separati, quasi occasionali. Essa non deve riempire nulla, non deve ottenere nulla, non deve nemmeno chiedere nulla, perché «il Padre vostro celeste sa» il vostro bisogno (Mt 6,32). Si prega per imparare a diventare uccelli del cielo e gigli del campo che senza affanno e preoccu- pazioni si lasciano nutrire e vestire da Dio con la gloria della sua bellezza (cfr. Mt 6,25-32). Pregare è desiderio di respirare in e con Dio. Di seguito presentiamo alcuni atteggiamenti o re- gole dedotti da Mt 14,22-22. © Benedetto Bellesi
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