Missioni Consolata - Giugno 2018
30 MC GIUGNO2018 In realtà, la migrazione conti- nuerà fino a quando la crisi at- tuale del Venezuela non sarà ri- solta. Molti hanno già detto chia- ramente che non torneranno alle loro case perché là «si muore di fame». Gli unici a rientrare sono quelli che tornano a portare cibo ai famigliari che non sono stati in grado di viaggiare. Che fanno i missionari della Consolata? Per i missionari, soprattutto per coloro che lavorano nel Delta con le comunità indigene, tutto que- sto è motivo di grande preoccu- pazione. Tutti i Warao che sono emigrati sono membri conosciuti delle nostre comunità che ora si sono svuotate. Per esempio, nella comunità di Yakariyene in Tucu- pita, sono rimaste meno della metà delle 78 famiglie che la componevano. Dal Vicariato di Caroní, monsignor Felipe, che ha trascorso più di 40 anni nel Delta, di cui 28 come vicario apostolico di Tucupita, segue da vicino que- sta situazione. In collaborazione con il parroco di Pacaraima e le suore scalabriniane, sta fornendo loro accompagnamento religioso e ascolto per aiutarli nel loro adattamento a una nuova realtà senza perdere la loro identità umana e spirituale. Ma ci sono molti altri aspetti su cui i missionari, in collaborazione con gli agenti pastorali indigeni del vicariato apostolico di Tucu- pita, si interrogano e che richie- dono un impegno preciso. Primo tra tutti è l’educazione : una dimensione che non è stata affrontata dalle istituzioni brasi- liane e che può essere attuata solo attraverso un approccio mul- ticulturale e multilingue. Un secondo aspetto è quello di una vita sana . Occorre un inter- vento integrale che tenga conto di tutti gli aspetti della vita: dal man- tenere il legame con il loro luogo di origine e la loro cultura, alla pre- venzione e cura delle malattie, all’alimentazione di bambine e ra- gazzi al fine di evitare episodi di malnutrizione infantile. Per questo nella loro assemblea continentale di Bogotà i missio- nari della Consolata hanno deciso l’invio di una équipe che lavori in- sieme con gli agenti pastorali di Pacaraima e si sono fatti carico di un programma di assistenza me- dica e alimentare nel refugio (so- stenuto anche dagli aiuti finan- ziari forniti da Missioni Consolata Onlus ). Cominciare da Tucupita Non basta però l’intervento di emergenza fuori del paese. Oc- corre affrontare la situazione par- tendo da Tucupita per offrire alle famiglie mezzi alternativi di so- pravvivenza, senza che abbiano la necessità di migrare. Per questo si stanno mobilitando forze per fornire alle famiglie che non vogliono migrare dalle terre tradizionali, ma non hanno abba- stanza risorse, gli strumenti ne- cessari per lavorare e diventare autosufficienti. In Venezuela si dice che la spe- ranza è l’ultima a morire, ma vista la situazione, per molti non c’è speranza e non ci sono segnali di miglioramento. Come missionari non ci vogliano arrendere e continuiamo nel no- stro impegno a stare vicini sia a coloro che sono stati costretti a migrare come a quelli che ostina- tamente vogliono rimanere nella loro terra. Zachariah Kariuki missionario a Tucupita VENEZUELA Dall’appello dei Missionari della Consolata a favore dei migranti venezuelani a Roraima «I n questi tempi di angustia le persone possono chiedersi: “Dov’è Dio?”. Che la presenza dei missionari della Conso- lata sia balsamo e riflesso dell’amore misericordioso. Dio accompagna sempre coloro che incontra nel cammino, come chiesa desideriamo assicurare loro che non sono soli, ma stanno con Dio e sotto il dolce sguardo della nostra Signora di Coromoto. Gesù si identifica sempre con la persona sfollata perché visse que- sta situazione nella sua propria carne. Egli ci incoraggia a mante- nere vive la fede e la speranza in un futuro migliore, sapendo che più oscura è la notte, più vicina la luce di un nuovo giorno che già albeggia. Impegniamo il nostro cuore, la nostra mente e le nostre mani nella missione a favore dei più vulnerabili e chiediamo alla nostra Vergine Santissima, la Vergine Consolata, che dia consolazione in questo doloroso momento presente, e ai nostri protettori, il beato Giuseppe Allamano e san Oscar Romero, che infondano coraggio per sognare un avvenire dove la fraternità e l’attenzione verso l’al- tro siano segni di convivenza civile e solidale». La Direzione generale (Bogotà, 27/03/2018)
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