Missioni Consolata - Giugno 2018
GIUGNO2018 MC 29 e rigidi che si sviluppano da ri- zomi sotterranei») a opera di mis- sionari dalla Guyana britannica 80 anni fa, i Warao sono diventati anche un po’ agricoltori. È poi arrivata la scuola e diverse comunità sono diventate stabili abbandonando il seminomadi- smo. La vita tradizionale è stata così trasformata e sono nate nuove esigenze che hanno dato origine a un continuo movimento verso i centri urbani in cerca di migliori condizioni di vita e di quei servizi che non si trovano nelle comunità tradizionali. La situazione attuale Si stima che già dal 2001 circa 10.000 Warao siano emigrati fuori dal territorio ancestrale, la maggior parte in Tucupita, gli altri nelle altre città vicine: Barrancas de Orinoco, Uracoa, Barrancos de Fassi, Maturin nello stato Mona- gas e Ciudad Guayana nello stato di Ciudad Bolívar. Altri si sono tra- sferiti a Caracas o in altre grandi città. Molti di essi mendicavano lungo le strade e quando avevano raccolto abbastanza tornavano alle loro comunità. Oggi però il numero di coloro che lasciano il proprio territorio è molto più alto ed è reso evidente dal moltiplicarsi delle colonie indi- gene attorno a Tucupita. I Warao sono situati negli strati più bassi della società venezuelana con alti livelli di povertà e già prima della crisi attuale erano con- siderati tra le persone più povere e più svantaggiate del paese. È na- turale, quindi, che siano tra i più colpiti dalle conseguenze dell’at- tuale crisi economica e siano co- stretti a lasciare la loro terra in cerca di migliori condizioni di vita. All’inizio del 2017 sono stati se- gnalati i primi casi di Warao tra- sferiti in Brasile, prima a Paca- raima, la città di frontiera, e poi a Boa Vista e Manaus e fino Belém nel Pará. Nel rifugio di Pacaraima In Pacaraima la Chiesa cattolica, rappresentata da padre Jesús, parroco del Sacro cuore di Gesù, l’Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati), l’Oim (l’Organizza- zione internazionale per le migra- zioni), e altre Chiese e persone di buona volontà, hanno creato un centro di accoglienza (detto refu- gio ) per i Warao. Nel mese di febbraio di que- st’anno, quando l’autore di questo articolo in compagnia di monsi- gnor Felipe González - vicario apo- stolico di Caroní, che confina con Roraima -, padre Aquileo Fioren- tini - superiore dei missionari del Consolata in Brasile - e padre Pe- ter Makau, superiore dei missio- nari in Venezuela, abbiamo visi- tato questo refugio , c’erano circa 700 persone tra adulti e bambini. Vivono grazie alle razioni che rice- vono due volte alla settimana e che cucinano nel cortile, mentre ogni giorno fanno colazione nel sa- lone parrocchiale. All’interno del refugio , per una migliore coesistenza, sono stati creati dei gruppi di servizio incari- cati a turno della pulizia generale. Mentre gli uomini escono per cer- care lavoro, le donne si dedicano a preparare il cibo, altre si dedi- cano a prodotti artigianali che cercano di vendere per le strade di Pacaraima o andando anche a Boa Vista, che dista meno di tre ore di viaggio. Si è anche formato un gruppo di volontari che gesti- sce le diverse attività per bambini e giovani. La grande domanda è: «Fino a quando si riuscirà a man- tenerli?». Perché una cosa è certa, se c’è il cibo, un Warao non va da nessun’altra parte. MC A
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