Missioni Consolata - Giugno 2018

colloquio venga rivista, non ce la fa, mi dice, non può aspettare un anno: «E se la mia bimba non do- vesse più riconoscermi?». Mohamed condivide la tenda con Abd: anche lui siriano. Entrambi musulmani, ma la moglie di Abd, che è ancora in Siria, è cattolica. Abd mi mostra la piccola Bibbia che tiene accanto al Corano: «È sempre Dio no? Ha solo un nome diverso». Mi mostra il braccialetto che porta al polso: una fila di grani neri e una croce. È di sua moglie, vuole che lo prenda io: «Così ti ri- cordi di me». Scritte Mentre mi allontano da Moria noto una scritta su un muro. È quasi sbiadita ma riconosco i versi iniziali di una famosa poesia: « No one leaves home, unless home is the mouth of a shark », nessuno lascia la propria casa a meno che casa sua non siano le mandibole di uno squalo. Sono i versi di War- san Shire (scrittrice britannica di origini kenyane-somale, ndr ). Pa- role bellissime, piene di significato ma che qui, scritte sul muro, sem- brano quasi una presa in giro. Moria è un limbo, non un rifugio. Sono molto più reali le parole scritte sopra un altro muro, quello sormontato dal filo spinato, pro- prio all’ingresso del campo « Wel- come to prison », benvenuti in pri- gione. Chi lascia le fauci di uno squalo non dovrebbe finire nel ventre di una balena. Una realtà da nascondere C’è una frase che mi torna prepo- tentemente alla memoria ogni volta che penso a Moria, sono pa- role di Martin Luther King: «Non ho paura della cattiveria dei mal- vagi ma del silenzio degli onesti». Di questo luogo infatti, è difficile parlare. Eppure siamo in Europa, a pochi chilometri dall’Italia, un’i- sola conosciuta in tutto il mondo non solo per la sua bellezza ma anche per aver dato i natali a Saffo, poetessa del sesto secolo a.C. Siamo in Grecia, culla della cultura, luogo che è sinonimo di democrazia, perché è qui che na- sce questa forma di governo, creata per far sì che ogni singolo individuo abbia la possibilità di esprimersi, di far valere i propri diritti. Nei giorni trascorsi a Lesbo però, questi diritti non mi sono parsi così scontati: fotografi e giornali- sti se ne vedono, ma all’interno del campo è proibito loro di en- trare, e fuori dal campo non è co- munque così agevole muoversi. La polizia vigila, non solo sui mi- granti. Moria è una realtà sco- moda, meglio dunque che non venga raccontata. Valentina Tamborra* MC A * VALENTINA TAMBORRA Classe 1983, milanese. Si occupa di reportage e ritratto e nel suo lavoro mescola narra- zione e immagine. Ha collabo- rato con alcune Ong come Am- ref, Medici senza frontiere e Al- bero della vita. I suoi progetti sono stati oggetto di mostre a Milano, Roma e Napoli, in luoghi come il Teatro Franco Parenti (Milano) e il Maxxi (Roma). Ha fatto numerose pubblicazioni sui media nazionali. Il suo lavoro «Doppia Luce» è stato oggetto di un ciclo di conferenze in Nuova accademia di belle arti. www.valentinatamborra.com A sinistra : Khder, 60 anni. Arrivato dal Kur- distan, sta imparando una nuova lingua, un nuovo mondo. In alto a destra : Mohamed mostra la foto di quella che una volta, prima della guerra, era casa sua. Qui a fianco : bimbi nel campo di Moria. Un pallone può dare un po’ di gioia. #

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=