Missioni Consolata - Giugno 2018

12 MC GIUGNO2018 e dell’antagonismo, oggi il go- verno è interessato a collaborare con la chiesa cattolica. È infatti la chiesa maggioritaria nel paese e ha avuto molta influenza sull’edu- cazione e la formazione. Le auto- rità vedono come un grande aiuto la sua presenza, soprattutto in questi posti più isolati». E continua: «Forse anche perché la crisi economica sta attraver- sando il paese. In ogni caso la chiesa cattolica è vista come un’i- stituzione che può fare la diffe- renza. In particolare il vescovo sa- lesiano ha una preoccupazione sociale molto forte. Lavora per at- tivare progetti per alfabetizza- zione, scuola, sviluppo. E il suo la- voro è molto apprezzato». Un altro paese africano Ma perché i missionari della Con- solata, già presenti in nove paesi del continente, hanno deciso di affrontare una nuova sfida, pro- prio nel gigante angolano? Lo ab- biamo chiesto a padre Fredy Al- berto Gómez Pérez, che è stato tra i primi tre ad arrivare nel paese, il primo agosto 2014. «Già nel capitolo generale di São Paulo del 2005 (riunione di tutti i delegati dell’Istituto nella quale si elegge il consiglio e il superiore generale, ndr ) si era parlato di una nuova apertura missionaria e in particolare nell’Africa lusofona. Questo perché tra i paesi di lin- gua portoghese l’Istituto è pre- sente solo in Mozambico. L’idea è stata ripresa sei anni più tardi con più forza ed è iniziata una ricerca per definire il paese», ci racconta padre Fredy. «La scelta è caduta sull’Angola e le motivazioni erano due: il biso- gno nel paese di missionari ad gentes , in terra di prima evange- lizzazione, e una richiesta da parte di diocesi con bisogno di clero, per appoggiare il lavoro nella pastorale urbana». Padre Francisco Lerma Martínez, all’epoca superiore dei missionari della Consolata in Mozambico, oggi vescovo di Gurué, intraprese un viaggio in Angola, dove visitò tutte le diocesi e si confrontò con i diversi vescovi. Era il 2011 ed esisteva già una ri- chiesta pendente: quella di mon- signor Tirso Blanco della diocesi di Luena. «I superiori si confron- tarono con diverse congregazioni e vescovi e fu loro sconsigliato di iniziare con una missione in una zona come quella, lontana e com- plessa, un luogo di frontiera». La scelta quindi è andata alla diocesi di Viana, creata nel 2008 da uno smembramento dell’arcidiocesi di Luanda (la capitale). Qui il conte- sto è quello della periferia urbana della capitale, con alta densità di popolazione e il continuo arrivo di gente dalle province. I cattolici in quest’area sono il 40% della popolazione e la problematica principale è la mancanza di sacer- doti. I primi tempi Oltre a padre Fredy, gli altri mis- sionari della Consolata a stabilirsi in Angola sono stati padre Dani Antonio Romero Gonzales, vene- zuelano, e padre Sylvester Oluoch Ogutu, kenyano. Una squadra piuttosto giovane: tutti sotto i 40 anni e freschi di ordinazione. Solo Fredy aveva un’esperienza prece- dente in Repubblica Democratica del Congo. «Ci accolsero i missionari Xave- riani di Yerumal, una congrega- zione colombiana. Ci ospitarono presso di loro alcuni mesi. La colla- borazione fu ottima e lo è tuttora. La parrocchia che avremmo do- vuto gestire, sant’Agostinho a Ka- palanga, era stata ritagliata da un’altra molto più vasta. In un’a- rea di 27 km 2 vivono 17.000 per- sone. Ci sono otto cappelle in- ANGOLA Sopra : mons. Tirso Blanco, vescovo di Luena, circondato da fedeli durante una vi- sita a Luacano. Al centro : bambini e ragazzi a Luacano. #

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