Missioni Consolata - Maggio 2018
MAGGIO2018 MC 45 D Sul giornale locale scrissero molte volte contro l’Ong Sos e contro le suore, avvertendo la gente di guardarsi bene da loro perché stavano cer- cando di fare proseliti. La gente, però, non dava peso a quanto veniva scritto, sapeva che era solo propaganda, ed ebbe sempre una grande fiducia nelle sorelle. Tutto questo e altro ancora, richie- deva una prudenza non comune perché non si era mai sicuri se il fratello che ti stava dinanzi era un amico o un nemico», racconta suor Re- nata. Inoltre nel periodo in cui suor Leonella viene uc- cisa, c’è molta tensione a livello mondiale. Il 12 settembre, 5 giorni prima dell’uccisione, papa Benedetto aveva pronunciato il discorso di Rati- sbona, nel quale una citazione dell’imperatore bizantino Manuele II il Paleolgo 1 , è stata ritenuta particolarmente offensiva per i musulmani, e in un clima già incendiario, ha creato reazioni a li- vello planetario. Dall’indignazione di alcune cari- che islamiche ufficiali, alle manifestazioni di piazza, a violenze contro chiese e strutture cat- toliche nel mondo, fino a minacce di morte verso il papa stesso. Ratzinger esprimerà poi «vivo rammarico» per quelle reazioni sottolineando che: «Il mio era un invito al dialogo franco e sincero». Ma il danno è compiuto e chi vuole approfittare della situazione internazionale, e soprattutto dell’impunità che ga- rantita da questa tensione, lo ha già fatto. S uor Leonella era una persona del tutto nor- male, con le sue doti e le sue fragilità. Amava la sua vocazione e la sua famiglia religiosa, metteva tutto il suo entusiasmo nel realiz- zare la missione che Dio le aveva affidato e pur di realizzarla non guardava al sacrificio. Amava le sorelle, ed era sempre presente alle atti- vità comuni, la ricreazione per lei era sacra. Anche nei momenti di tensione per la difficile situa- zione che stavamo vivendo a causa della guerra, lei aveva sempre quel senso di «humor» e cercava di tirarci fuori. Penso che facesse la differenza l’intensità d’amore con cui lei agiva, facendo sì che le cose ordinarie di- ventassero straordinarie. Suor leonella aveva un fuoco dentro che la divorava e questo si percepiva nel suo comportamento: vo- leva aiutare tutti, salvare tutti, si prendeva a cuore i problemi di ognuno e scherzosamente diceva che avrebbe voluto ritirare tutti i fucili della Somalia. A veva un carattere molto forte e volitivo con la sua tenacia e costanza riusciva a superare tante situazioni difficili e di rischio. La chiama- vamo il «vulcano», sempre in eruzione. Aveva idee e progetti nuovi da presentare, tutti molto belli e utili per la gente, ma dovevamo fare i conti con la si- tuazione che stavamo vivendo, che non ci permet- teva di espanderci perché eravamo persone non gradite, e in tanti modi eravamo tenute d’occhio e sotto controllo. Molte volte ci siamo trovate in situazioni veramente difficili e queste richiedevano da noi un discerni- mento non facile: «Partire o restare?». Partire vo- leva dire mettere in salvo la nostra vita che ha il suo valore. Restare voleva dire rischiare, ma di fronte alle necessità della gente nessuna di noi si sentiva di lasciare la missione, perché l’ospedale SOS era l’u- nico centro che aiutava i poveri e salvava tante vite. Al mattino arrivando in ospedale si vedeva molta gente che pazientemente aspettava il proprio turno per essere visitata: donne a rischio della vita per i parti difficili, bambini disidratati e denutriti ecc. Di fronte a queste emergenze dimenticavamo tutti i nostri problemi ed eravamo felici di stare con la gente e donare loro un aiuto concreto. Ci dava tanto coraggio la parola del nostro padre fondatore, il Beato Allamano, che incoraggiava la fedeltà alla missione anche a costo della vita. Q uando suor Leonella è giunta in Somalia la si- tuazione religiosa e politica andava sempre più deteriorandosi, e la lotta tra i gruppi si faceva sempre piu serrata, creando sempre nuovi focolai di guerra che davano tanta insicurezza. Al contrario del Kenya, un paese libero dove la chiesa è una forza, la Somalia è un paese chiuso e a rischio, dove tutto è sotto controllo e la piccola chiesa viveva come nelle catacombe. Nessun segno religioso, tutto era stato distrutto, la cattedrale bru- ciata e le chiese rase al suolo. L’unico Tabernacolo presente in Somalia era in casa delle suore e noi eravamo l’unica presenza di chiesa, anche se avevamo la messa solo ogni tre mesi, perché era impossibile la presenza di un sa- cerdote, la presenza di Gesù Eucaristia ci dava tanta energia e tanta forza per continuare il cammino. Il pensiero di tenere questa piccola presenza di Chiesa Cristiana in un paese totalmente musulmano ci dava tanta speranza e ci aiutava a superare le tante difficoltà di ogni giorno. Per suor Leonella la Somalia ha avuto un impatto molto forte. Per lei questa impotenza è stata come un martirio, ma non si è mai scoraggiata, mai ha ce- duto le armi, e anche se con tanta fatica, ha sempre cercato di ubbidire alla limitazione dell’ambiente perché Gesù Eucaristia era la sua forza. suor Marzia Feurra Il ricordo di suor Marzia, che è stata in Somalia con suor Leonella «HO VISSUTO CON UNA SANTA»
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