Missioni Consolata - Maggio 2018
giorno e dipende quasi totalmente dagli aiuti umanitari, il cui flusso però è compromesso dal- l’insicurezza generale e dai continui furti. La sic- cità, una successione di raccolti poveri e un rapido aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e del carburante hanno aggravato la condizione socioe- conomica somala causando varie crisi alimentari. Attualmente, più di sei milioni di somali, su un to- tale di circa 14 milioni, necessitano di cibo e un milione è fuggito all’estero per cercare scampo. «Il presidente Formajo - spiega mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apo- stolico di Mogadiscio - sta facendo del suo meglio. A volte, però, ho l’impressione che le istituzioni statali stiano in piedi solo grazie all’appoggio esterno. Il sostegno estero è comunque relativo perché i partner internazionali hanno loro agende che non sempre coincidono con quella somala. Il presidente dovrebbe impegnarsi maggiormente a sganciarsi dai meccanismi interni ed esterni che lo vincolano, per cercare l’unica cosa che conta veramente: l’appoggio della popolazione più che l’appoggio internazionale». Eserciti stranieri Attualmente c’è una massiccia presenza militare straniera nel paese. Dal 2007, l’Unione africana, con l’autorizzazione delle Nazioni unite, mantiene una forza compo- sta da 21mila soldati e 550 poli- ziotti. Ne fanno parte reparti di Burundi, Etiopia, Ghana, Gibuti, Kenya, Nigeria, Uganda e Sierra Leone. Il ruolo di Amisom, questo il nome della missione, è stato fon- damentale nel contrastare il dif- fondersi delle milizie jihadiste. Ma la missione ha comunque pagato un prezzo altissimo in vite umane. I dati ufficiali non sono mai stati diffusi, ma si stima che nei com- battimenti siano morti almeno duemila soldati. 38 MC MAGGIO2018 D Anche l’Unione europea mantiene un proprio contingente nel paese con il com- pito di formare i militari del neonato esercito somalo. Questa missione, deno- minata Eutm Somalia , è comandata da un generale italiano e fa perno su un nucleo di soldati italiani. Nel paese ci sono anche altre presenze militari. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nello scorso autunno ha portato il contingente a stelle e strisce a 500 uomini, il numero più ele- vato dal 1992 quando le truppe ameri- cane parteciparono all’operazione « Re- store Hope ». La Gran Bretagna ha poi una propria base a Baidoa nella quale le truppe speciali formano i soldati di Mo- gadiscio. Arrivano i turchi Sullo scenario somalo è comparso recentemente anche un nuovo attore: la Turchia. A ottobre, An- kara ha inaugurato in Somalia la sua più grande base militare all’estero. Nella grande struttura, che a regime ospiterà più di diecimila soldati, i mi- litari turchi addestreranno i colleghi somali. Co- stata cinquanta milioni di dollari, la caserma è più di un’installazione militare. Essa è il segno del forte sostegno che il governo di Ankara offre a quello di Mogadiscio. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha re- centemente rafforzato i legami con la Somalia sulla base della comune adesione agli ideali dell’islam politico. Erdogan ha visitato Mogadiscio due volte. Nel 2011 è stato il primo leader non africano in vent’anni a visitare la nazione devastata dalla guerra. Negli ultimi tempi è nata una collabora- zione che ha avuto forti ricadute sul terreno. Aziende pubbliche e private turche hanno co- struito scuole, ospedali e infrastrutture. Il governo di Ankara ha offerto molte borse di studio e ad al- cuni ragazzi somali è stata offerta la possibilità di studiare in Turchia. Anche l’interscambio commer- ciale è in rapida crescita. Nel 2010 le esportazioni © UN Photo/Tobin Jones © Guy Oliver/IRIN
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