Missioni Consolata - Maggio 2018

ma loro lo gettarono via. Quando sentii la pistola puntata dietro la nuca cominciai a pregare e a par- lare in pashtun, che avevo impa- rato lavorando a Kabul. Mi ha sal- vato quello. Uccisero tutti gli altri in ginocchio accanto a me, altre di- ciassette persone davanti ai miei occhi». Gli Hazara non solo sono diversi nei lineamenti del viso e nella fede, ma anche per il ruolo delle donne all’interno della comunità. Qui, pur vivendo ai limiti della povertà, le donne studiano, lavorano, indos- sano il velo ma non il burqa . Cam- minando nei pressi dell’università, le ragazze mi salutano e alcune si fermano addirittura a chiacchie- rare con me, cosa che sarebbe im- possibile in città come Kandahar e la sua provincia. Grazie all’intervento di alcune or- ganizzazioni non governative, pian piano gli Hazara stanno rialzando la testa. I giapponesi hanno co- struito le strade, olandesi e tede- schi hanno donato soldi all’univer- sità e ai piccoli allevatori con il si- stema del microcredito. Final- mente questa gente comincia ad avere una voce, pur rimanendo di fatto la più povera di tutto l’Afgha- nistan. I giovani hazara sono co- scienti della loro storia e hanno un grande senso di rivalsa che li fa ec- cellere nello studio e nel lavoro. Una di queste giovani è Najiba, una ragazza di ventidue anni che oggi fa la documentarista per l’Ong francese Geres. È originaria di Ba- miyan ma per lavoro si è dovuta spostare a Kabul. Mi racconta: «Siamo molto poveri qui ma le donne hazara non sono discrimi- nate come in tante famiglie pash- tun. Non ho mai avuto impedi- menti dalla mia famiglia che mi ha sempre incoraggiato. Tramite la scuola ho cominciato a lavorare in una radio locale qui a Bamiyan quando avevo solo tredici anni. Mi sono innamorata del mondo della comunicazione e appena ho po- tuto, a diciotto anni, ho comprato una telecamera, ho preso delle le- zioni di giornalismo e fotografia. I miei primi lavori sono stati proprio sulle donne che vivono qui nelle case-grotta. Per me, donna e ha- zara, è stato facile avvicinarmi, ma soprattutto è stato importante rac- contare la loro storia». Subito dopo i talebani, con il go- verno di Karzai, sono arrivati i primi rappresentanti hazara in parla- mento. Oggi sono diversi i candi- dati che proveranno a far sentire la propria presenza nelle prossime elezioni di luglio. Malgrado questo però, né questo governo, né quello precedente, né tantomeno gli organi internazio- nali, hanno mai intrapreso un’a- zione decisa contro la persecu- zione degli Hazara: tutti condan- nano quello che accade a parole ma nessuno si è mai schierato apertamente a loro difesa. Angelo Calianno * enormi nicchie vuote dove prima c’erano i Buddha, e poi una lun- ghissima strada fatta di macerie, resti di colonne, resti di archi: era la strada dei bazar, il cuore pul- sante di Bamiyan, oggi solo una strada polverosa. A parte le fami- glie che continuano a vivere nelle grotte, il nucleo abitativo si è spo- stato tutto a valle dove sono sorte nuove case, lasciando la zona sto- rica ancora più abbandonata. Haji è un uomo di quarantacinque anni ed è stato testimone delle vio- lenze sotto il regime talebano, mi guida attraverso le rovine dei Buddha: «Non abbiamo perso solo le due grandi statue di Buddha quel giorno, ma tantissimi altri re- perti, affreschi e grotte dove anti- camente vivevano i monaci buddhisti. Prima dei talebani molte delle case grotta erano ancora oc- cupate, poi hanno distrutto tutto. I talebani entravano nelle case, tra- scinavano fuori gli uomini e a volte anche i ragazzini più grandi e li uc- cidevano, senza dire nulla, senza un motivo preciso. Qui ne abbiamo contati almeno 300, ma se consi- deriamo tutti i villaggi, parliamo di migliaia di persone. Sarei dovuto morire anche io in quei giorni, tra- scinarono fuori anche me, urla- vano che non eravamo musulmani. Mia moglie mostrò il sacro corano 22 MC MAGGIO 2018 * Nato a Cisternino (Brindisi), Angelo Calianno ha cominciato a scrivere circa 14 anni fa per riviste specializzate di trekking e scalate, principalmente nei continenti africano e sudamericano. Di formazione storica, col tempo ha ap- profondito le situazioni politiche dei paesi in cui si trovava cominciando a scri- vere reportage da luoghi in conflitto in Medioriente, Asia e Africa. Ha scritto dall’Afghanistan tra novembre 2017 e gennaio 2018. A sinistra : due donne con il burqa cammi- nano nel piazzale antistante la grande mo- schea blu di Mazar-I-Sharif. AFGHANISTAN #

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