Missioni Consolata - Aprile 2018

62 MC APRILE2018 va temperata con alcune conside- razioni: innanzitutto, si ha final- mente una legge organica, pur con tutti i suoi limiti, dopo anni di leggi semiclandestine di qualche riga. Legge che porta alcune no- vità a livello di organizzazione dello stato sia dal punto di vista del riassetto burocratico sia nella disponibilità di fondi per la coo- perazione. Non va poi sottaciuto il fatto che la 1222/71 è il prece- dente e lo spiraglio per l’approva- zione della legge sull’obiezione di coscienza approvata esattamente un anno dopo. La grande discon- tinuità sta nel riconoscimento de- gli organismi di volontariato, le proto organizzazioni non gover- native (Ong). Da questa legge essi infatti, vedono riconosciuto quel decennale lavoro di informa- zione, sensibilizzazione fatto da parrocchie, oratori e scantinati. Ed è proprio nel pieno riconosci- mento di questi organismi che l’I- talia si presenta come un paese al passo degli altri, strutturando il volontariato civile in appoggio prevalentemente alle missioni cattoliche. Giovanni Bersani annotava come nel 1969 fossero oltre 600 le per- sone in servizio nei paesi del Terzo Mondo e molti di loro senza paracadute legislativi. E come nella loro formazione, aves- sero concorso realtà che crea- vano la prima ossatura delle fu- ture Ong e che s’incaricavano di essere le capofila nella forma- zione di volontari, non più «ra- gazzi che vanno a dare una mano», in partenza. Chi forma i volontari? In questo senso non è possibile fare una cronaca dettagliata di tutti gli organismi di volontariato, poiché ognuno esprime delle di- namiche e delle filosofie d’inter- vento imperniate su due «terri- tori»: quello d’appartenenza e quello di missione. In quegl’anni le realtà che formano i volontari sono poche e alcune finiscono per fare da capofila. Troviamo il Cuamm di Padova, il Mlal di Ve- rona, la Lvia di Cuneo e le mila- nesi Cooperazione Internazionale e Tvc (Tecnici volontari cristiani). Sono questi i principali - dati alla mano - fornitori e formatori di vo- lontari nel «Terzo Mondo» fino a tutti gli anni ’70. Persone che ini- ziano da qui il lungo e contraddit- torio processo di professionaliz- zazione che trasformerà non po- chi di loro in «cooperanti». Possiamo dire che dalla legge Pe- dini nasce la lunga marcia che porta alla professionalizzazione della figura del volontario? La mia impressione è che lo possiamo sostenere. Del resto lo stesso Salvi già durante la conferenza stampa di presentazione della Pe- dini, parlò di una possibile profes- sionalizzazione della figura del volontario chiamato non più e non solo a «dare una mano» ma essere lo strumento operativo di un «piano» di sviluppo o coope- razione. Da quel 1971 il tema della solida- rietà internazionale per mezzo della figura del volontario/coope- rante è stato attraversato da un dibattito continuo e da un di- lemma che ha oggettivamente portato a moltissime riflessioni, non ultima la terzietà del volonta- rio/cooperante rispetto all’essere parte di programmi e progetti go- vernativi. In questo senso anche in Focsiv (Federazione degli orga- nismi cristiani servizio internazio- nale volontario) ci fu un dibattito molto forte: accettare i «soldi dello stato» per progetti di coo- perazione? Per alcuni (non pochi) equivaleva a vendere le proprie motivazioni ideali. Cosa che fa sorridere del resto i moderni «manager della solidarietà». Questi ultimi ripropongono il no- stro essere lì in chiave certa- mente più efficiente rispetto a prima ma senza probabilmente il corredo ideale dei pionieri. Il che, a guardare bene, è piuttosto ri- corrente nella storia dell’uomo. Antonio Benci COOPERAZIONE Qui a fianco : una cooperante in Niger. Nonostante la differenza di cultura, di credo e di abitudini, molto spesso la collaborazione è ottima. # A NTONIO B ENCI Nato nel 1971 è dottore di ri- cerca presso l’Università degli Studi di Venezia e cultore di materia presso il Dipartimento di studi linguistici e culturali comparati della stessa. Si è in- teressato di storia dei movi- menti e dei giovani. Ha pubbli- cato diversi saggi sul tema, ol- tre a vari articoli su riviste. È coordinatore internazionale di una Ong che si occupa di infan- zia abbandonata in India. © Marco Bello

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