Missioni Consolata - Aprile 2018
APRILE2018 MC 47 D Non solo sanzioni, ma cura e prevenzione La cosa che più ci ha colpito, non solo in Congo, ma anche in altre realtà africane che abbiamo visi- tato, è la negazione del problema da parte delle istituzioni e anche dei colleghi medici che tendono a sminuire l’importanza del rischio dell’alcol per la salute. È vero altresì che spesso in Africa le priorità sono altre e più drammatiche (malnutrizione, Aids, malaria). Anche nei paesi in cui il problema è preso in maggiore considera- zione, come nello Swaziland, l’abuso di alcol viene affron- tato più come un vizio da sanzionare (ad esempio con multe) che come una di- pendenza da curare e per la quale fare prevenzione. Il ri- sultato è che il pro- blema ri- mane. Che fare? Che fare allora? La risposta, ci pare, sta nella pre- venzione. Ad esempio nelle scuole, come in quelle dei missionari; negli ambulatori medici, dove già si fa prevenzione per Aids, Tbc, malaria; negli am- bienti di vita, per esempio nei mercati. Questo implica ovviamente formare gli operatori: a Manzini, in Swaziland, la Caritas che va nei vil- laggi ad assistere le famiglie più bisognose, si è di- chiarata disponibile a svolgere educazione sanita- ria per la prevenzione dell’abuso alcolico. Ma prevenzione è anche aiutare i giovani a cre- dere nel loro futuro. Là dove il bere è una risposta alla mancanza di speranza in una vita degna di es- sere vissuta, occorre adoperarsi per costruire oc- casioni di lavoro e di aggregazione sociale, occorre la fantasia e la creatività di chi sa operare il bene e anche il sostegno finanziario di chi non è in prima linea, ma vorrebbe poter fare qualcosa. Mariacaterina Barcella e Paolo Franceschi Io non sono un esperto, parlo soltanto di quello che vedo e vivo, che trovo nella mia diocesi, nella mia nazione. Vedo ad esempio che l’alcol dà un senso di appartenenza a un gruppo. Ti dicono: «Io bevo per poter stare con i miei amici». Ma questa è un’altra grande bugia dell’alcol. Perché inizial- mente ti senti accolto, poi però, quando le cose vanno male, l’accoglienza finisce. Rimani più solo di prima. Quando mi dici che bevi per stare con gli amici, che amici sono quelli che ti lasciano salire in macchina anche se sei ubriaco? Ricordo soltanto un’occasione in cui un gruppo di amici, dopo aver bevuto insieme, vedendo che uno di loro aveva esagerato, hanno preso le chiavi della macchina dicendo: «Tu oggi dormi qui». Alcol «dopo le lacrime» L’alcol, in modo particolare da noi, trova sempre strade nuove per entrare nella tua vita. E non te ne accorgi neanche. In Sudafrica, dove ho lavo- rato diversi anni, è entrato in un modo molto «ori- ginale»: quando muore qualcuno noi facciamo, se possibile, il funerale di sabato. Si aspetta fino al sabato per permettere ad amici e parenti di arri- vare. Tutto comincia venerdì sera con una veglia di preghiera nella casa di colui che è morto. Si legge, si prega e si canta tutta la notte fino al mat- C FOR/flickr com © Alfredo Felletti
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