Missioni Consolata - Aprile 2018

P erché preghiamo? Perché Paolo supplica i Tessalonicesi di «pregare ininterrotta- mente» (1Ts 5,17), definendo così espres- samente la preghiera come «stato perma- nente» e non come una serie di «momenti» colle- zionati uno dopo l’altro, magari separati dalla vita? Perché nei racconti della passione di Gesù, tutti e tre gli evangelisti sinottici (Marco, Matteo e Luca) riportano l’invito di Gesù a vegliare e a pregare? (Mt 26,41; Mc 14,38; Lc 21,36). La veglia esige la massima attenzione e dunque la preghiera è un atto responsabile come di chi veglia sulla sicurezza degli altri. Genitori, insegnanti, vescovi, preti, reli- giosi, monaci e monache hanno coscienza che per loro pregare è stare sugli spalti a garantire la sicu- rezza dei figli, dei discepoli, dei piccoli, del mondo? La risposta è in Gv 8,31-32: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». La traduzione della Cei-2008 è più abbondante del testo greco che te- stualmente dice: «Se voi restate/dimorate/aspet- tate nella parola, quella mia, veramente discepoli miei siete». Il verbo «mènō» indica lo stare stabil- mente, cioè il dimorare che comporta e com- prende anche l’attesa, cioè un sentimento di rela- zione tra chi è «nella dimora» e chi non c’è ancora, ma sia l’uno che l’altro, pur assenti fisicamente, sono presenti nel desiderio, nella tensione. Lo sanno gli innamorati che sperimentano l’attesa con un’intensità maggiore di quella dell’incontro stesso. Insegnaci a pregare COSÌ STA SCRITTO di Paolo Farinella, prete 13. La preghiera crea e rinnova Per vivere però la preghiera come stato di vita, è necessario esercitarsi, cioè fare esercizi per impa- rare, educarsi, verificare e sapere sempre «dove» ci si trova. Proviamo a vedere se riusciamo a impo- stare la preghiera non «come viene viene», ma con metodo e disciplina. Metodo: a. Scegliere un tempo delimitato per la preghiera (un quarto d’ora, mezz’ora, un’ora) e osser- varlo scrupolosamente, orologio alla mano. Può sembrare una banalità, ma è una que- stione di disciplina seria. b. Scegliere una posizione corporale adeguata, escludendo tassativamente solo il camminare, perché per sua natura è distrattivo, dispersivo. Si può stare seduti, coricati, in piedi, semi-ingi- nocchiati, ecc. c. Spegnere (non silenziare!) cellulare o altri ag- geggi che, senza accorgercene, possono diven- tare i nostri «idoli». d. Invocare lo Spirito Santo che venga in aiuto alla nostra fragilità (cf Rm 8,26). In una prima fase, propedeutica, si può utilizzare l’inno dei Primi Vespri di Pentecoste: « Veni, Creator Spiritu s - Vieni Spirito Creatore». © Gigi Anataloni

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