Missioni Consolata - Marzo 2018
MARZO 2018 amico 75 intorno alla Parola animati da p. Giovanni Dutto, missionario della Consolata, dal titolo “Signore, cosa vuoi che io faccia?”. Lì sono stato afferrato dalla Parola di Dio - una Parola che riempiva di senso e di gioia la mia vita - e dal desiderio di vi- verla e di condividerla con tutti, a partire dagli ul- timi. In seguito, il cammino è proseguito prima nel seminario minore della mia diocesi e, poi, nel seminario regionale di Ancona dove ho portato a termine gli studi di filosofia e di teologia. Cammi- nando, il Signore mi ha mostrato con chiarezza sempre maggiore che soltanto essere consacrato da Lui per la missione ad gentes, per tutta la vita, in culture e popoli altri e in mezzo ai poveri dava forma e concretezza a ciò che Lui desiderava per me. E così sono entrato nella famiglia dei missio- nari della Consolata e, terminato il noviziato a Bedizzole con la prima professione il 27 agosto 2006, sono partito nel gennaio 2007 per la Costa d’Avorio. Dal 2009 al 2011 sono stato mandato a Madrid per approfondire gli studi di teologia bi- blica. Nel frattempo, il 28 febbraio 2010, sono stato ordinato diacono a Madrid e, l’11 settem- bre dello stesso anno, presbitero nella cattedrale della mia diocesi di Senigallia. Dal mese di no- vembre del 2011 sono di nuovo in Costa d’Avo- rio dove, dal 17 dicembre 2011, vivo e lavoro a Dianra, nel Nord del paese, diocesi di Odienné». Puoi dire due parole sulla Costa d’Avorio? Quali sono le sue sfide missionarie principali? «La Costa d’Avorio è uno stupendo fazzoletto di paradiso terrestre, situato nell’Africa Occiden- tale, che si affaccia sull’Atlantico. Purtroppo noi uomini abbiamo provato, e ci siamo quasi riusciti, a trasformarlo in una terra sfigurata dalla defore- stazione (è il paese con uno dei tassi più alti di di- struzione della foresta tropicale, che negli ultimi decenni è scomparsa dell’80%), dalla guerra ci- vile (dal 2002 al 2011, dopo una serie di colpi di stato a partire dalla fine degli anni Novanta) e da diversi tipi di squilibri e disuguaglianze socio- economiche che ne minano la stabilità e la ren- dono attualmente un paese emergente ma estre- mamente fragile. Inoltre, la crisi postelettorale del 2011, con le violenze interetniche che ne sono seguite, ha creato sacche di odio profondo e il cammino della riconciliazione non è stato mai intrapreso con serietà. Il timore è un riesplodere della violenza cieca e del regolamento di conti non appena una situazione di instabilità si riaf- facci all’orizzonte. Il contatto con le persone svela un risentimento diffuso, più o meno giustifi- cato, che cova sotto le ceneri degli sconfitti dell’ ancien régime del presidente Laurent Gbagbo, attualmente alla Corte penale interna- zionale. Questo semplice e superficiale sguardo al paese ne svela già le sfide missionarie: impe- gno per la nascita di comunità in cui la diversità è riconciliata dalla Parola, testimonianza di frater- nità multiculturale e interreligiosa, sensibilità per il creato, attenzione privilegiata a coloro che più pagano le conseguenze di crisi e guerra civile…». Che lavoro stai svolgendo oggi? Quali sono la difficoltà e la soddisfazione più grandi? «Attualmente, a Dianra, vivo con altri due missio- nari della Consolata: padre Manolo, spagnolo, classe 1951, e padre Raphael, keniano, classe 1984. A me piace sottolineare che il nostro primo lavoro è testimoniare la bellezza del nostro es- sere fraternità di persone molto diverse che assu- mono insieme una missione comune, entusia- smante e ricca di sfumature. La tensione creativa della nostra comunità genera stupore: accompa- gnamento di piccole comunità cristiane sparse in un territorio immenso (3.009 km 2 ), cammini di formazione per catechisti e leader delle nostre comunità, impegno condiviso nel mondo della sanità e dell’educazione, progetti di consola- zione e promozione umana come il microcredito e l’apicoltura, evangelizzazione tra i non cristiani, amicizia interreligiosa con i fratelli mussulmani, approfondimento teologico-liturgico nella co- struzione di una chiesa che sia annuncio del Van- gelo per la nostra gente e tanto ancora. Perso- nalmente, tra l’altro, sono il parroco di una delle due parrocchie che ci sono affidate e l’ammini- stratore di un centro sanitario. Le difficoltà più grandi così come le più belle gioie si nascondono sempre nelle relazioni con le persone che amo e da cui sono amato». Ci racconti un episodio della tua vita missionaria? «Settimana Santa del 2013, sera del martedì. Due giovani ragazze mi chiamano quando già sto per andare a dormire. Un bambino di meno di 48 ore sta morendo in casa perché alla maternità, la notte del parto, è stato fatto cadere e ha sbat- tuto la testa, ma nessuno ha detto niente alla mamma né all’ostetrica. Arrivo e il bimbo se ne è appena andato… o forse non ancora. Lo battezzo come posso. E poi lo lavo, e lo profumo e lo rive- sto, prima che partano per la sepoltura mentre AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT © AfMC/ Uno dei centri di salute che anche Amico ha contribuito a costruire.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=