Missioni Consolata - Marzo 2018

MARZO 2018 amico 71 AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT PRENDERSI CURA Se con il termine pastorale si intende il «pren- dersi cura», la pastorale giovanile è un prendersi cura delle giovani generazioni, un continuo ge- nerare . Generare, cioè dare vita, spiritualmente, socialmente e umanamente. Noi missionari in Italia siamo abituati a parlare di animazione : dare anima, movimento, nuovo slancio, scaldare. Tramite le attività di animazione missionaria e vocazionale sono tanti i giovani, parrocchie, adulti, gruppi che conoscono i missionari della Consolata, e si scaldano attorno al fuoco della missione con percorsi formativi, esperienze in missione, o la semplice presenza dei nostri pa- dri, fratelli, suore e laici. Molti sono i missionari che «si prendono cura» dei giovani, famiglie, bambini e anziani. Molteplici sono le iniziative che vengono realizzate per tener vivo lo spirito missionario nella chiesa locale e per sostenere le comunità. Alcuni dei nostri missionari hanno fatto di questo la ragione della loro vita. È una vocazione altissima, quella di dare anima dove è andata persa o si è indebolita. «I RAGAZZI SONO COME I POLMONI…» «I ragazzi sono come i polmoni, portano il re- spiro nel mondo. Risentono immediatamente dell’inquinamento che sta attorno, ma sono i primi segnalatori dell’aria fresca in arrivo», ecco perché ci chiedono autenticità. Se parliamo di Cristo, dobbiamo essere di Cristo, se parliamo di accoglienza, dobbiamo accogliere, se diciamo di essere gente di comunione, dobbiamo dimo- strarlo. C’è poco da fare. È una grammatica es- senziale ed è quello che Gesù ci chiede. La cura dell’ambiente umano che i nostri giovani frequentano è di importanza enorme. Essi hanno bisogno di vivere in un contesto di relazioni forti e significative, tra di loro e con gli adulti, sia laici che consacrati. Inutile dire che le relazioni sono alla base della comunità educante. Nelle nostre comunità quindi vanno coltivate le relazioni prima di ogni programma fatto a tavolino e di ogni astratto orientamento pastorale. Nel cammino che ci attende dopo il capitolo ge- nerale, inseriti anche nel percorso della Chiesa che si prepara per il sinodo dei vescovi sui gio- vani, «ci interroghiamo con fiducioso ottimismo, pur senza sottovalutare i problemi. Non ci se- duce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci sal- verà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: io sono con voi!» (Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte , n. 29). «UN’ANSIA» VOCAZIONALE L’aspetto vocazionale si inserisce nella grande cornice della pastorale giovanile. Come missio- nari della Consolata in Europa abbiamo tre case di formazione: a Roma, Lisbona e Alpignano (To- rino). In totale sono 35 seminaristi, due latinoa- mericani, gli altri africani. Le vocazioni italiane o europee scarseggiano, e il vuoto si sente. Benché sappiamo bene che le vocazioni non sono un nostro merito ma un dono del Signore, viviamo «un’ansia» vocazionale che non ci aiuta a essere oggettivi nella lettura della realtà e dei giovani. Così non riusciamo a dare risposte ade- guate e a creare percorsi che aiutino i giovani a discernere la loro vocazione. Non si tratta di inventare un nuovo programma: «Il programma c’è già: è quello di sempre, rac- colto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra [...] in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria e trasformare con lui la storia fino al suo compi- mento nella Gerusalemme celeste» (Nmi, 29). Per la nostra pastorale giovanile, come per il re- sto delle nostre presenze in Italia, è in gioco la nostra chiamata personale e la vita delle nostre comunità che deve essere autentica e fraterna, la nostra spiritualità e attaccamento al Signore, l’amore alla gente e la sollecitudine che va al di là delle simpatie. Al di là delle tecniche e strate- gie di pastorale vocazionale e giovanile, è l’e- sempio che dice ai giovani che possono investire la loro vita al seguito del Signore che sì, chiede molto, ma molto promette. Finché i giovani ci vedranno ansiosi, disorganiz- zati, insoddisfatti e in lotta, non sapranno ap- prezzare la nostra chiamata. Quando ci ve- dranno impegnati ma sereni, entusiasti e dunque significativi, sapranno che il Signore è vivo e operativo in mezzo a noi e risponderanno di si- curo alla «sublime» chiamata ad essere missio- nari del Vangelo, del suo amore e missione. Nicholas Mutoka © AfMC/ Nicholas Mutoka al meeting «1000 mondi in missione» di agosto 2017

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