Missioni Consolata - Marzo 2018
MARZO2018 MC 59 MC A sono state anche le testimo- nianze di membri di Ennahda im- prigionati per anni dal regime di Ben Ali. La Tunisia ha dinamiche europee anche sul fronte della società ci- vile c’è molto attivismo: radio co- munitarie, organizzazioni femmi- nili, alternative economiche e la- vorative finanziate da Ong, coo- perative e donatori internazionali. È molto attiva la cooperazione in- ternazionale, che ha parecchia in- fluenza sulla società: alcune Ong europee o statunitensi orientano determinate politiche, quindi, di fatto, rappresentano una forma di controllo esterno. L’economia nazionale è impron- tata sugli investimenti esteri. L’ e - stablishment nazionale pone in- fatti molti ostacoli agli investi- menti locali, in quanto, come ac- cennato sopra, rimane dominato dalla corruzione. Se a tutto que- sto aggiungiamo anche il crollo del turismo, che costituiva una delle risorse economiche tuni- sine, a seguito degli attacchi ter- roristici, la situazione è tornata esplosiva, come dimostrano le proteste di gennaio. Le regioni in- terne del paese, dove la disoccu- pazione e la povertà sono più forti, sono in continua agitazione, con molte manifestazioni antigo- vernative. Al museo del Bardo: da 500 a 10 visitatori giornalieri Dal centro di Tunisi aspettiamo un taxi che ci porti al museo del Bardo, nell’omonimo quartiere periferico. Dopo più di mezz’ora di vana attesa, si ferma un’auto con due giovani donne a bordo, velate, e ci offrono un passaggio. Sono madre e figlia, ma sem- brano due sorelle. La ragazza è una studentessa universitaria di Scienze tecnologiche. L’apparente contrasto è forte: abiti islamici, radio sintonizzata su sure del Co- rano, e l’aria di due donne indi- pendenti, aperte al prossimo e molto cordiali, a dimostrazione che esistono tanti e variegati modi di vivere l’islam. Ci lasciano davanti al museo, quasi stupite che vogliamo visitarlo. Le guardie all’ingresso perquisiscono le borse, e blocchi di cemento impe- discono l’accesso ad auto e moto. Sono le misure di sicurezza adot- tate dopo l’attentato terroristico del 18 marzo del 2015, che costò la vita a 25 persone, straniere e locali. Quel giorno i terroristi eb- bero facile accesso, sembra. Ora ci sono controlli, ma non ci sono più turisti. In piena estate siamo in tre in tutto il museo. Una trage- dia sia per il Bardo sia per lo stato tunisino . Al-Mat ḥ af al-wa ṭ anī bi-l-Bārdō è l’ampio, modernissimo, organiz- zato e famoso museo archeolo- gico, situato nella residenza (se- colo XIX) del bey (re), che racco- glie reperti di età preistorica, pu- nica, romana, cristiana e arabo- islamica. Si possono ammirare opere come «Ulisse e le Sirene», «Il poeta Virgilio con le muse Cal- liope e Polimnia», «Il Trionfo di Nettuno» e altre meraviglie. Le sale di arte arabo-islamica sono altrettanto affascinanti. Prima dell’attentato, i turisti erano almeno 500 al giorno, se- condo quanto ci hanno raccon- tato gli operatori del museo. Dal 2015 in poi, se va bene, ne arri- vano 10. Fuori dal complesso, i venditori di souvenir, disperati, svendono per pochi spiccioli le loro mercanzie. Nell’ingresso, una lapide accoglie i visitatori con i nomi delle vittime. Il piano terra è dedicato all’archeologia preisla- mica: cartaginese, pagano-ber- bera, ebraica e cristiana. Dal primo piano si accede alle belle sale dell’ex residenza del bey e poi all’ala che ne ospitava il fra- tello e l’harem. Ala’ Eddine Hamdi, giovane guida del Bardo e studente di lingua e letteratura russa, ci accompagna nelle sale dove avevano cercato riparo, invano, un gruppo di turi- sti inseguiti dai terroristi. Quel luogo è carico di contrasti, tra la magnifica estetica degli intarsi, degli azulejos e delle ambienta- zioni, e la morte di cui sono stati palcoscenico. Ne rimaniamo profondamente colpiti: alcune co- lonne e pareti portano ancora i segni dei fori, degli sfregi e dei ve- tri rotti provocati dai proiettili. Due «islam», qui, sono a con- fronto: quello portatore di civiltà, arte, cultura, scienza, e quello dell’estremismo politico-reli- gioso-ideologico seminatore di morte. Ma questo paradosso è retaggio di tutte le religioni, pur- troppo. Ala’ Eddine ci dice che la presenza del Daesh in Tunisia è iniziata con Ennahda al potere, nel 2011. «Non intendo dire che siano loro i terroristi, ma che hanno fatto en- trare predicatori, reclutatori di combattenti, e hanno permesso a molte ragazze di diventare delle prostitute dei jihadisti. Migliaia di giovani si sono uniti al Daesh per andare ad addestrarsi in Libia e poi a combattere in Siria, pas- sando dalla Turchia. C’era una rete ben organizzata, quella della Fratellanza musulmana, che ha funzionato come “distributore di terroristi”. Da qui sono partiti 3.000 combattenti, dai 18 ai 30 anni». Dichiarazioni forti, che noi non possiamo verificare, ma che fanno parte di una diffusa vul- gata. Per questo e altri giovani, la rivo- luzione tunisina è stata un disa- stro, in quanto ha eliminato un ti- ranno corrotto per sostituirlo con tanti altri. È uno dei tanti delusi che ha perso la speranza di ve- dere cambiamenti politico-sociali del paese, e come altri, è un forte oppositore dei gruppi islamisti, che vengono percepiti, nella seco- lare Tunisia, come portatori di ar- • Tunisia | Islam | Teologia | Isis | Terrorismo •
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