Missioni Consolata - Marzo 2018
Per questo dico che l’accordo di pace è stato un bene per i colombiani. Anche se permangono gruppi dissidenti, per esempio a Solano. Oggi il vero problema nasce dall’assenza dello stato. L’u- nica presenza sono queste grandi basi militari (il ri- ferimento è alla base che sta accanto alla sede del Vicariato, ndr ). Prima dell’accordo tra il governo e le Farc, i soldati uscivano in gruppo e rientravano in gruppo per ridurre i rischi. C’erano però vasti territori dove i militari non entravano mai e dove l’ordine pubblico era gestito dalla stessa guerriglia. Oggi, con la consegna alle autorità della gran parte dei guerriglieri, molti di questi territori sono rima- sti scoperti. Se lo stato non darà segnali di pre- senza, il rischio è che gli spazi vuoti possano essere occupati da bande criminali o dalla delinquenza co- mune e le persone inizino a farsi giustizia da sé. Co- m’è già accaduto». La coca e le (difficili) alternative Il problema è reale. Le bande criminali - una delle più conosciute è La Constru - si dedicano all’attività mineraria illegale e soprattutto al narcotraffico, che è in costante aumento. Il Putumayo è il se- condo dipartimento colombiano per coltivazione di coca: si stimano 25.162 ettari coltivati, il 17% del to- tale (146.000 ettari nel 2016, stando ai dati Simci- Unodc). Più coca significa più danni ambientali (disboscamento e sversamento di sostanze chimi- che nell’ambiente) e più danni sociali. Un chilo di coca - quella più grezza prodotta sul po- sto di raccolta delle foglie ( pasta básica de cocaína ) - vale oggi quasi 3 milioni di pesos (circa 870 euro). La media di produzione per ogni ettaro coltivato è di chilogrammi 1,45 di pasta base (dati Simci- Unodc). I raccolti sono tre all’anno. I piccoli conta- dini che la coltivano non diventano ricchi, vivono o semplicemente sopravvivono (cosa ancora più vera per i raspachines , i braccianti giornalieri che raccol- gono le foglie). «È difficile trovare un’alternativa alla coca, soprat- tutto in territori isolati come questi. Un chilo di coca, che sono milioni di pesos, lo metti in uno zai- netto e lo trasporti facilmente dove vuoi. Se coltivi mais o yuca o altri prodotti, la commercializzazione risulta molto più difficile. I missionari hanno propo- sto vari prodotti in alternativa alla coca - soprat- tutto cacao e caucciù -, anche se non esiste un pro- dotto sostitutivo perfetto. Il nostro è però anche un lavoro di coscientizzazione, per far capire alla gente cosa comporta produrre cocaina». Se si esclude la coca, le alternative economiche praticabili ed ecosostenibili non sono molte. L’alle- vamento - che qui è sempre di tipo estensivo - ha ef- fetti devastanti perché implica disboscamento. Tanto disboscamento: la media attuale è di una vacca per ogni ettaro. Quanto alle altre colture sono, almeno per il momento, troppo poco redditi- zie. «La foresta offre però varie ricchezze - precisa padre Angelo -. Penso alle piante medicinali. Penso Sotto: alcuni volti di partecipanti alla «Minga amazónica fronteriza» organizzata dal Vicariato di Puerto Leguízamo. Qui accanto: padre Angelo Casadei. A destra: Bosco Guarusha, cacique indigeno shuar di Sucumbios, Ecuador. In basso a destra : una mappa del dipartimento del Putumayo (in colore verde scuro). D 44 MC MARZO2018 D
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