Missioni Consolata - Marzo 2018

Nota esegetica. Purtroppo anche la nuova traduzione della Bibbia (Cei- 2008) usa l’anonimo «sono io» e non la pregnanza teo- logica della rivelazione di Gesù sulle acque del mare di Tiberìade che deve essere reso solo con « Io-Sono– Egô Eimì », richiamo esplicito alla rivelazione del Dio di Mosè che si mette all’opera per la liberazione attra- verso le acque del Mare Rosso. La prova di questo si ha nel vangelo di Giovanni, dove l’espressione ricorre in dieci forme diverse: «Io-Sono» (Gv 4,26; 6,20; 8,24.28.58; 9,9; 13,19; 18,5.6.8); «Io-sono il pane» (Gv 6,35.41.48.51); «Io-sono il pane della vita» (Gv 6,35.48); «Io-Sono la luce» (Gv 8,12); «Io-Sono il testimone» (Gv 8,18); «Io-Sono la porta delle pecore» (Gv 10,7.9); «Io-Sono il pastore bello» (Gv 10,11.14); «Io-Sono la risurrezione» (Gv 11,25); «Io- Sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6); «Io-Sono la vite vera» (Gv 15,1); «Io-Sono la vite» (Gv 15,5). La somma totale di tutte queste affermazioni di identità, «Io- Sono», in Gv fa ventisei che, secondo la scienza dei nu- meri o ghematrìa , è la somma dei numeri corrispon- denti alle lettere che compongono il nome di «Y_H_W_H» (=10+5+6+5). Per Giovanni, usando l’e- spressione «Io-Sono», Gesù è consapevole d’identifi- carsi con il Dio della rivelazione ebraica, il Dio dell’e- sodo e, come Yhwh dominò le acque del Mare Rosso, salvando il suo popolo, così ora Gesù domina il mare, salvando Pietro. Pregare: non dare tregua a Dio Il Terzo Isaia (sec. V-IV a.C.), degno discepolo del suo maestro, l’Isaia vissuto nel secolo VIII, deve avere una buona frequentazione con il Dio d’Israele perché non esita a invitare le sentinelle di Sion, (la città) sede della gloria di Yhwh , all’insubordina- zione: «Sulle tue mura, Gerusalemme, ho posto sentinelle; per tutto il giorno e tutta la notte non taceranno mai. Voi, che risvegliate il ricordo del Signore, non concedetevi riposo né a lui date riposo, finché non abbia ristabilito Gerusalemme e ne abbia fatto oggetto di lode sulla terra» (Is 62,6-7). L’orante è colui che sta sulle mura della città di Dio «per tutto il giorno e tutta la notte» che è richiamo diretto alla «necessità di pregare sempre senza mai venire meno» (Lc 18,1). Compito dell’orante è ri- svegliare «le memorie del Signore» (l’ebraico usa il plurale di « zikkaròn -memoriale») che richiama la sua presenza viva e sperimentabile. L’idea che Dio possa dormire ci rimanda a Gesù che si addor- menta simbolicamente nella barca: «Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo sve- gliarono» (Mc 4,38). A questo punto la preghiera si fa questione di vita: «Non concedetevi riposo né a lui date riposo». Non bisogna concedere riposo a Dio e lo si può fare solo non concedendosi riposo. Un amico, plasticamente, diceva che per lui pregare era «mettere Dio con le spalle al muro», esatta- mente come fa Mosè, quando ricatta Dio, minac- ciandolo di abbandonarlo e di farsi cancellare dal li- bro dell’alleanza, se Dio non perdonerà il suo po- polo: «Se tu perdonassi il loro peccato... Altrimenti, cancellami dal tuo libro che hai scritto!» (Es 32,32). Per arrivare a queste vette di profondità non si può essere improvvisatori, ma bisogna avere un’espe- rienza lunga, assidua e ininterrotta di convivialità con Dio, di fraternità con uomini e donne, di purifi- cazione dell’essere e liberi da ogni ritualità che, im- mergendoci nel ripetitivo rassicurante, ci impedisce di volare sulle ali della preghiera per essere ben piantati sulle strade della storia. Dal prossimo numero passeremo ai testi. Paolo Farinella, prete (12, continua) Nota. Per l’approfondimento, cfr. Carlo Maria Martini, Non date riposo a Dio. Il primato della Parola nella vita della Chiesa , EDB, Bologna 2012. 34 MC MARZO2018 Insegnaci a pregare © Gigi Anataloni

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