Missioni Consolata - Marzo 2018

Capita, al signor Touré, di entrare in contatto con giovani subsaha- riani che stanno tentando l’avven- tura verso la Libia. L’anziano agente consolare cerca di dissua- derli: «Quando li incontriamo li portiamo in questi centri e li fac- ciamo parlare con quelli che hanno subito sevizie e torture (in Libia, ndr ) in modo che si scoraggino nel continuare. Molti dicono: “Dob- biamo partire, preferiamo morire nel deserto che morire a casa nella miseria”. Una volta è venuto qui l’ambasciatore della Guinea e l’ho portato a incontrare i migranti. Uno di loro era originario dello stesso villaggio dell’ambasciatore. Lui ha cercato di convincerlo, gli avrebbe pagato un volo per tor- nare a casa, ma l’altro continuava dicendo che era partito con l’inten- zione di riuscire. Abbiamo fatto di tutto, ma il ragazzo è partito. Tre mesi dopo mi hanno chiamato per dirmi che era morto. Nel suo gruppo erano sei, tre di loro hanno accettato che pagassimo loro il bus e sono ritornati al paese. Ogni tanto mi chiamano per dirmi che stanno bene, hanno dei piccoli progetti e si sono reintegrati. Come uno che ha realizzato un pol- laio e la cosa funziona per lui». Chi vende chi Boubacar Oullaré è appena arri- vato al Centro Liberté. Ha 28 anni e parla un ottimo francese. Ci dice di essere laureato in giurispru- denza. Aveva un grande sogno, quello di arrivare in Europa. A casa, in Guinea, ha lasciato una moglie e due figli piccoli. Ci spiega i meccanismi del viaggio: «La tran- sazione passa prima attraverso passeur africani (qui l’intervistato intende i subsahariani, ovvero afri- cani di carnagione scura, ndr ). Con loro si fa Agadez, Arlit, Tamanras- set. Questi ti vendono ai Tuareg. Da Tamanrasset a Djanet, che è la frontiera tra Algeria e Libia, ti por- tano i Tuareg, che poi ti vendono ai Tubu (toubou) della Libia. Essi ti portano fino a Tripoli. Qui ti met- tono in un foyer , dove chiedono delle somme ai tuoi genitori, per farti traversare oppure per libe- rarti. Si tratta in realtà di prigioni clandestine, non hai libertà, e ti propongono con la forza degli af- fari loschi che non puoi rifiutare. Se paghi la somma richiesta ti por- tano sulla costa. Qui ti prendono tutto, i tuoi abiti, anche la cintura, perché si viaggia su gommoni, e non si vuole rischiare di forarli. Si parte, ma ci sono spesso battelli che si rovesciano nell’acqua. In questo caso, se ti recuperano le navi internazionali sei salvo, per- ché ti portano in Italia. Se invece sei in acque libiche ritorni in Libia. Noi non abbiamo avuto fortuna - dice con un’enorme delusione sul volto -. Siamo naufragati in acque libiche. Tornati sulla costa avevo speso tutti i soldi. Ho dovuto di nuovo chiamare i miei genitori af- finché mi aiutassero. Per questo motivo in Guinea non abbiamo più nulla. Tutti i beni di famiglia sono andati in fumo». E conclude sconsolato: «Io adesso ho vergogna di presentarmi al mio paese, sono partito e ho preso una somma colossale per il viag- gio. Tutto è perso. Siamo qui, e la nostra unica speranza è in Dio». Lasciando il Centro Liberté i ra- gazzi, inizialmente ostili, sem- brano patire il distacco con questi visitatori stranieri che, in qualche modo, rappresentano la loro terra promessa. Qualcuno di loro parla ad alta voce nella propria lingua, qualcun altro ci dà la mano e ci guarda negli occhi tri- stemente, sembra dire: «Italiano, domani tornerai in Europa in po- che ore con l’aereo. Io ci ho pro- vato e ho perso tutto. Ho ri- schiato pure la vita. Ti prego, non lasciarmi qui». Marco Bello NIGER A RCHIVIO MC • Daniele Biella, Approdo cercasi , Dossier su migranti, MC 1-2/2018. • Marco Bello, Uranio povero, MC 09/2007. • Marco Bello, La democrazia non può attendere, MC 09/2009. • Marco Bello, Transizione: mis- sione compiuta, MC 06/2011. • Marco Bello, Chiesa: dialogo contro terrore, MC 12/2015. Questo servizio è stato reso possi- bile anche grazie al contributo di CISV onlus (www.cisvto.org ).

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