Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2018
44 MC GENNAIO-FEBBRAIO2018 D Abbiamo dovuto farci largo tra i corpi «Prima di noi e dei francesi era arrivata una nave della Guardia costiera libica, che aveva agganciato il gommone dei migranti. Il natante era bucato e c’e- rano decine di persone in mare. Alcuni indossavano il salvagente, molti altri non avevano nulla. Dalla nave della Sea Watch 3 abbiamo lanciato i due gommoni di salvataggio. Io ero su uno di questi con altri tre componenti dell’equipaggio. Abbiamo dovuto farci largo tra corpi di persone che erano già annegate per riuscire a raggiungere e cer- care di recuperare quelli che invece erano ancora in vita. Abbiamo tirato a bordo i superstiti con le brac- cia. Dopo un po’ facevano talmente male che mi si stavano per bloccare. C’erano naufraghi che si at- taccavano al mio collo mentre salvavo altri. Sono stati istanti tanto tragici quanto rischiosi. A un certo punto ho visto un bambino che galleg- giava davanti a me, apparentemente senza vita. Avrà avuto 3 o 4 anni. L’ho tirato su nel gommone con le mie mani, sperando in un miracolo. L’ab- biamo riportato sulla nave e abbiamo provato a ef- fettuare la rianimazione, ma purtroppo non c’è stato nulla da fare». La Guardia costiera libica «I militari libici sembravano non interessarsi delle persone che erano più lontane da loro. C’erano in- torno alcuni corpi senza vita. Loro hanno lanciato delle corde alle quali le persone ancora in acqua si aggrappavano per salvarsi. Ma molti, sapendo che con la Guardia costiera libica sarebbero ritornati in Libia - dove oramai sono documentate le tante vio- lenze commesse -, hanno iniziato a nuotare verso di noi non appena ci hanno visto. I libici all’inizio sem- bravano collaborativi, non ostacolavano chi si diri- geva verso di noi. Poi, però, hanno iniziato a fare un gesto folle: ci hanno lanciato addosso delle patate, mentre ci urlavano di andarcene. Nello stesso tempo si rendevano protagonisti di brutalità sulla loro nave: prendevano a frustate e bastonate chi era già a bordo ma cercava di alzarsi e ributtarsi in mare per venire da noi. Nonostante ciò, tante persone continuavano a pro- vare a sfuggire alla Guardia costiera libica, anche perché alcuni dei loro parenti erano già in salvo sui nostri gommoni e vedersi separati aumentava la loro disperazione. Improvvisamente, i libici hanno deciso di andarsene, a tutta velocità e senza una chiara motivazione. Un elicottero militare italiano, presente sulla scena, si è abbassato di colpo, costringendoli a rallentare almeno per un attimo. La loro fuga ha aggravato il dramma già in corso. Molte persone, infatti, erano ancora in mare, attaccate alle corde e la motove- detta in movimento li ha messi in estremo pericolo. Ho assistito a una scena orribile: un marito che si è aggrappato a una corda per scendere dopo avere sentito la moglie che lo chiamava dal nostro gom- mone, ma non sapendo nuotare aveva paura di lan- ciarsi in acqua. Proprio in quel momento la nave li- bica è partita e lui è rimasto appeso. Chissà cosa ne è stato di lui: noi non l’abbiamo potuto recuperare e non sappiamo se sia vivo o morto. Lascio immagi- nare quanto sia disperata ora sua moglie, così come la mamma del bimbo che ho visto annegare davanti ai miei occhi. Nelle ore successive al salvataggio ho passato molto tempo a cercare di consolarla, anche se è impossibile pensare di alleviare un trauma si- mile». Fermare l’accordo con la Libia «Come italiano ed europeo chiedo scusa alle per- sone la cui unica colpa è essere nati nella parte sba- gliata del mondo. Queste donne, questi uomini, questi bambini, non sono solo numeri: sono esseri umani, con un nome, una faccia, e vorrei che tutto il mondo venisse sulle barche nel Mediterraneo per capire davvero come stanno le cose. Mi amareggia pensare che c’è chi liquida quanto accade con frasi come “c’è un’invasione che va fermata”. Credo che di fronte a questa tragedia dovremmo ascoltare la nostra coscienza. E mi preoccupa l’accordo che il governo italiano ha fatto con la Libia e il modo in cui vengono utilizzate le navi donate alla Guardia costiera libica. Credo che si debba fermare o modificare immediatamente l’accordo con la Libia. Ora più che mai, nessuno può dire “chissà cosa succede veramente?”. Io c’ero, ho visto, ed è tutto vero. E quello che sta succedendo non deve succedere mai più». Testimonianza di Gennaro Giudetti raccolta da Daniele Biella
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