Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2018
fonti dirette il dramma in atto nel Mar Mediterra- neo», aggiunge Madeleine. I primi due giorni I primi due giorni sulla nave, il 9 e il 10 settembre, passano attraverso una serie di incontri conosci- tivi ed esercitazioni: iniziamo, alle 8.15 del mat- tino, con un incontro collettivo che si ripeterà ogni giorno e che riguarda le informazioni sulla rotta, sulle necessità a bordo, e sugli eventuali sal- vataggi. Ci viene spiegato quali saranno le fasi del viaggio: il warm up , ovvero le esercitazioni iniziali, lo sprint , cioè il recupero di persone in mare, e la marathon , il ritorno alla terra ferma al porto indi- cato dalla Guardia costiera italiana (l’Imrcc, Ita- lian maritime rescue coordination centre , il Cen- tro italiano di coordinamento del soccorso marit- timo). È l’Imrcc che, dalla propria sede centrale di Roma, coordina le navi in mare, sia le proprie che quelle delle Ong, dell’agenzia europea Frontex e i mercantili di passaggio. Dopo l’incontro del mattino, andiamo a conoscere il comandante della nave e seguiamoL’esercita- zione medica per le situazioni di emergenza, in particolare sul massaggio cardiaco, tenuto da Margherita Colarullo, medico di Msf. Margherita è una dei pochi italiani (mezza dozzina) a bordo in questa rotazione. Gli altri provengono da diversi paesi dell’Europa, ma anche da altri continenti. L’età media è di 30-35 anni. Ancora, facciamo la simulazione di evacuazione generale, quella di un attacco di pirateria (in cui bisogna recarsi in una zona della nave a chiusura ermetica, chiamata citadel ), e si approfondisce la conoscenza della tipologia di persone vulnerabili che potrebbero essere recuperate. Msf ha previ- sto una serie di braccialetti di diverso colore per segnalare, per esempio, i minori stranieri non ac- compagnati (Msna), le persone con malattie (che vengono prese in cura già a bordo) e i casi estre- mamente vulnerabili, come le persone con tutta evidenza vittime di violenze. La prima notte di navigazione e la giornata suc- cessiva non sono facili dal punto di vista fisico: il mare è molto mosso. Dato però che sono tra quelli che non accusano malesseri, ne approfitto per ascoltare le storie e le motivazioni che hanno por- tato le persone a bordo a passare mesi in mare per salvare vite. «Quando nel 2015 stavano arri- vando centinaia di migliaia di persone sull’isola greca di Lesbo dalla Turchia sono andato sulle spiagge ad aiutare. È stata un’esperienza che non dimenticherò mai, mi ha fatto capire quanto ognuno di noi può essere utile per gli altri», mi racconta Iasonas Apostolopoulos, 29 anni, origi- nario della Grecia continentale. «Finita l’emer- genza lì, ho capito che potevo ancora dare il mio contributo: ho fatto pratica di soccorso e sicu- rezza in mare e ho chiesto e ottenuto di imbar- carmi sulle navi delle Ong nel Mediterraneo cen- trale, fino ad arrivare qui sull’Aquarius». Iasonas ha salvato, con le proprie mani, centinaia di per- sone issandole a bordo dei rhib , i gommoni di soc- corso. Purtroppo ne ha recuperate anche altre L’UMANITÀ SULLE GRANDI ACQUE Daniele Biella è nostro collaboratore da diversi anni. Alla fine della scorsa estate ha avuto l’op- portunità di accompagnare il viaggio di una nave della Ong Sos Mediterranée in zona Sar, la zona di ricerca e salvataggio del Mare Mediter- raneo ai confini con le acque territoriali libiche. Da quell’esperienza è nato questo Dossier. Un reportage dalle «grandi acque», accompagnato dall’analisi del controverso accordo Italia-Libia, dal racconto di un volontario, testimone della strage in mare del 6 novembre avvenuta con qualche responsabilità della Guardia costiera li- bica finanziata dall’Italia, da una panoramica sul perché e da dove vengono i migranti e su come li accogliamo, e da qualche spunto sulle fake news che sul tema delle migrazioni trovano ter- reno fertile. Luca Lorusso MEDITERRANEO
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