Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2018

ghiera, lo Spirito e Dio, impossibile da valicare per- ché restiamo coperti dalla «polvere delle morte pa- role», ossessionati dal compiere il dovere di «reci- tare l’Ufficio» o di «dire la Messa», dimentichi che il vertice della Parola, e di conseguenza, delle nostre parole, è il Silenzio adorante. Insegna un mistico bengalese (India), Rabindranth Tagore (1861-1941): «La polvere delle morte parole ti copre, lavati l’a- nimo nel silenzio», quel silenzio che il Dio di Gesù amò prima della creazione del mondo, secondo un midràsh ebraico: «Rabbi Abbahù (300 ca.) diceva in nome di Rabbi Jo- chanàn (m. 279): Quando Dio diede la Legge nessun uc- cello cinguettava, nessun volatile volava, nessun bue muggiva, nessuno degli Ofanìm (ruote del carro divino, cfr. Ez 1,15-21) muoveva un’ala, i Serafini non dicevano “Santo, Santo, Santo”, il mare non mormorava, le crea- ture tacevano, tutto l’universo era ammutolito in un si- lenzio senza respiro, e venne la voce: “Io sono il Signore tuo Dio” (Es 20,2)» ( Midràsh, Esodo Rabbà 29,9 a 20,1). Il profeta Elia fa l’esperienza della «voce di silenzio sottile - qol demamàh daqqàh », che lascia sbigottiti, perché non capiamo il senso della «sottigliezza» del silenzio che già da sé esprime una intensità asso- luta. Il silenzio è anche sottile, come se volesse es- sere ancora più silente: «Dopo il fuoco, una voce di silenzio sottile (la Bibbia-Cei, 2008 traduce in modo banale brezza leggera ). Come l’udì [ udire il silenzio! ] Elìa si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna» (1Re 19,12-13). L’espe- rienza di Elia è connessa con il dramma del vivere in mezzo al male del mondo e la necessità di domi- narlo e, per non impazzire, ciò può avvenire solo vi- vendo fino in fondo la propria vita in intima unione con il Signore. Dominare il male del mondo significa liberare Dio da ogni tentazione temporale e idola- trica e restituire alle cose del mondo la loro auto- nomia perché il Dio di Elìa non è nel terremoto o nel turbine e nemmeno nel vento leggero, come di solito s’interpreta superficialmente il testo. No, Dio non è nella brezza leggera. Dio è Silenzio sottile. Il testo dice che Elìa si coprì il volto al sentire la «voce di silenzio sottile - qol demamàh daqqàh » che non sappiamo come rendere in italiano nel suo significato vero. Possiamo supporre che sia in con- trapposizione a Bàal, i cui sacerdoti Elìa ha annien- tato (cfr. 1Re 18). Bàal era il dio della tempesta e quindi del frastuono, mentre il Dio d’Israele è il «Dio silente» della coscienza e del cuore, che oc- corre ascoltare. Per ascoltare col cuore occorre non solo fare silenzio, ma «essere silenzio» e pure sot- tile, trasparenza, identità. La «voce di silenzio sot- tile» potrebbe essere anche uno schermo per ve- lare Dio alla vista di Elìa, come la mano di Dio im- pedì a Mosè di vederne la «Gloria» (cfr. Es 33,32). Sono solo interpretazioni, ma il profeta nell’«ascol- tare il silenzio sottile», rinnova il gesto di Mosè al Sinai e si copre il volto perché nessuno può vedere Dio e restare in vita (cfr. Es 3,6 33,18-23; Is 6,2). Fa eccezione Mosè con cui «Il Signore parlava con fac- cia a faccia, come uno parla con il proprio amico» (Es 33,11). Un’eccezione «unica», riservata al pro- feta per eccellenza, l’antesignano del Messia, il cu- stode della Parola. La liturgia cattolica sente l’esi- genza di creare questo clima nel momento su- premo dell’incarnazione. L’antifona d’ingresso della II Domenica di Natale canta: «Nel quieto silenzio che avvolgeva ogni cosa, mentre la notte giungeva a metà del suo corso, il tuo Verbo onnipotente, o Signore, è sceso dal cielo, dal trono regale» (Sap 18,14-15). Ascoltando il silenzio di Dio che comunica a noi il suo anelito di vita, entriamo nella dinamica della preghiera, guidati dalla Parola, stabilendo, nel pros- simo numero alcune regole essenziali. Paolo Farinella, prete [La Preghiera, 11 - continua]. 34 MC GENNAIO-FEBBRAIO2018 Insegnaci a pregare © Gigi Anataloni © Gigi Anataloni

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