Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2018
ritrovare nei vostri cuori la loro preghiera. E se solo state in ascolto nella quiete delle notti udrete mormorare: “Dio nostro, che sei la nostra ala, è la tua volontà che vuole in noi. È il tuo desiderio che desidera in noi. È il tuo impulso in noi che può trasformare le nostre notti, in giorni che siano anche i tuoi giorni. Nulla possiamo noi chiederti , poiché tu conosci le nostre necessità prima ancora che nascano in noi. Sei tu la nostra necessità ; e nel darci più di te stesso, tu ci dai tutto”». (Da Il Profeta , Giunti edizioni, Bellaria (Rimini), 2004). «Versare il cuore» Parole da centellinare una per una, perché mentre svelano la natura della preghiera, velano le nostre nudità che si acconten- tano spesso di esteriorità e verbosità: espansione, versare nello spazio e all’e- sterno , come dire uscire da noi stessi, abitando il nostro profondo, che spesso trasformiamo, riuscendoci, in prigione comoda e accidiosa. Gibran è immerso nella Scrittura, la respira con la sua vita, riuscendo a trasformarla in poesia e anelito di desiderio. Dio, ci dice, non ascolta le parole, ma abita il cuore no- stro per trasformarlo in benedizione da spandere sull’umanità e riunire così in un unico afflato tutti coloro che pre- gano in ogni «dove» personale, sparsi in tutto il mondo, là ove stanno oranti, conosciuti e sconosciuti, per essere trasformati «in un cuor solo e un’a- nima sola». Sì, pregare è essere pre- senti, non diventare ciarlanti e petu- lanti. Nulla possiamo, nulla dobbiamo chie- dere a Dio - come non ricordare i gigli del campo e gli uccelli del cielo? (cfr. Mt 6,26-29) - perché, non solo lui co- nosce le nostre necessità meglio di noi, ma è lui e solo lui la nostra unica e sola necessità. Anche l’ultima edi- zione della Bibbia-Cei (2008), pur- troppo, riporta il salmo 62/61,9 con queste parole: «Davanti a lui aprite il vostro cuore», traduzione piana, oseremmo dire, banale, neutra. L’e- braico invece ha parole dirompenti che lasciano il segno: «Versate da- vanti a lui il vostro cuore». Nota esegetica. Il verbo « shaphàk - versare» indica lo spargimento di qualcosa di liquido, comunque non di immobile. Da questo verbo deriva « shèphek - luogo del versamento», cioè «la discarica» (cfr. Lv 4,12); per analogia, invece, « shophkà » è il «pene» maschile in quanto condotto di fluidi (cfr. Dt 23,2). Si versa l’ acqua (cfr. Es 4,9), il sangue (cfr. Lv 4,7); lo spirito (cfr. Gl 3,1), la collera (cfr. Ez 14,19). Il testo ebraico oltre che più poetico è più intenso e potente della traduzione italiana, con l’espressione «versare il cuore» (per la Bibbia sede dell’intelligenza e della co- scienza), descrive la vita come fosse la liquidità inaffer- rabile che solo Dio sa contenere: «Versate davanti a lui». È la preghiera suprema: donarsi a Dio come liquido che si spande e si sparge. Non si può stare davanti a lui duri e impermeabili, ma col «cuore versato», quasi che Dio vi debba attingere per riempire e sa- ziare il bisogno che egli ha di noi. Lo abbiamo già vi- sto nella prima parte, commentando il Targùm del Cantico dei Cantici 2,8, dove Dio supplica l’Assem- blea-sposa-Israele a mostrarsi a lui nella bel- lezza orante perché non può vivere senza «ve- dere» il volto e sentire la voce dell’Assem- blea che prega: «Subito, allora, essa aprì la sua bocca in preghiera davanti al Signore (Es 14,10); e uscì una voce dai cieli dell’alto, che disse così: Tu, Assemblea d’I- sraele, che sei come colomba pura, nascosta nella chiusura di una spaccatura di roccia e nei nascondigli dei dirupi , fammi udire la tua voce . Perché la tua voce è soave quando preghi nel santuario, e bello è il tuo volto nelle opere buone» (cfr. Esodo Rabbà XXI, 5 e Cantico Rabbà II, 30; Mekilta Es 14,13). È in questo senso che, secondo noi, deve essere interpretata l’ottava strofa della sequenza di Pentecoste «Veni, Sancte Spiritus» (sec. XII): «Piega ciò che è ri- gido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò ch’è sviato - Flecte quod est rígidum, fove quod est frígidum, rege quod est dé- vium ». Da queste potenti immagini emerge lo Spirito come artigiano mo- dellatore che lavora la creta finché la forma non corrisponda alla sua idea (cfr. Ger 18,2-6; cfr. anche Is 64,7). Il li- quido si adatta immediatamente al suo contenitore e l’immagine del «cuore versato» apre prospettive molto belle e ardite sulla relazione affettiva con Dio e, di conseguenza, anche sulla preghiera che, a questo punto, non può più essere una contrattazione commerciale ( io ti do e tu mi dai ) o un rituale a orario fisso, ma uno svuo- tarsi, sull’esempio di Gesù che «non ritenne un privilegio essere come Dio, ma svuotò se stesso - ekènosen » (Fil 2,7), perché noi potessimo ver- sare il nostro cuore liquido davanti a Dio che lo raccoglie, goccia a goccia, perché nulla vada perduto (cfr. Gv 6,39). Voce di silenzio sottile «Io non posso insegnarvi parole di preghiere», ci ha detto Gibran. Se riduciamo la preghiera a parole, scaviamo un abisso tra noi, la pre- MC R GENNAIO-FEBBRAIO2018 MC 33 © Gigi Anataloni
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