Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2018

A lla conclusione della decima puntata di «Insegnaci a pregare» del dicembre scorso ci siamo salutati con la promessa che la ru- brica sarebbe continuata per tutto il 2018 in una sorta di «seconda parte» dedicata a esercizi pratici di preghiera con e nella Bibbia. Partiamo da alcune riflessioni preliminari per una coscienza disposta a imparare a «pregare i testi» se non vogliamo camminare invano. Su questo ar- gomento sono stati scritti decine e centinaia di metodi, suggerimenti, sussidi e credo che nessuno potrà mai esaurire la ricerca o trovare la soluzione ideale. Ognuno prenderà quello che è più consono alla propria sensibilità, cultura, interiorità, bisogno, difficoltà, disponibilità di tempo e coscienza di sé. Noi non vogliamo fare concorrenza ad alcuno né vogliamo insegnare qualcosa a qualcuno, ma par- tendo dalla nostra esperienza e formazione sem- pre «in aggiornamento», desideriamo riconside- rare «l’atto del pregare in sé». Proviamo a met- terlo in pratica con l’obiettivo di scoprire sempre più chi siamo noi per essere in grado d’imparare a conoscere meglio Dio stesso. Ci poniamo su un versante introduttivo perché ognuno deve impa- rare a pregare secondo il suo cuore. Noi possiamo condividere stimoli e desideri. Insegnaci a pregare COSÌ STA SCRITTO di Paolo Farinella, prete 11. Preludio: pregare per essere noi stessi «Dove» lungo il cammino L’errore di fondo è dare per scontato Dio, solo per- ché frequentiamo qualche cerimonia o per il fatto di essere preti o monaci o monache o credenti, ma non praticanti . Lungo il cammino della nostra vita, dobbiamo sapere «dove siamo»: nessuno ha la ga- ranzia di avere incontrato Gesù. È possibile che «adesso e qui» siamo con Adamo ed Eva a discu- tere «frutto sì, frutto no», o schiavi in Egitto a maci- nare mattoni, o ai piedi del Sinai a fare baldoria at- torno a un vitello scambiato per Dio liberatore, o vaganti nel deserto alla ricerca di una terra pro- messa e mai raggiunta, o uditori della parola dei profeti non ascoltati perché preferiamo i riti del tempio più rassicuranti, o esuli in Babilonia a so- gnare i «bei tempi andati», o tra gli storpi, ciechi e muti che cercano Gesù di Nàzaret, o sul sicomòro con Zacchèo perché piccoli di statura spirituale e in- capaci di vedere Gesù che passa «di là» (Lc 19,4), o ai piedi della croce con la massa urlante «crocifig- gilo», o delusi ai bordi di un sepolcro vuoto, o pieni di Spirito del Risorto, felici di annunciare il suo Van- gelo, avendolo vissuto interamente e senza sconti. Non si può pregare a caso, a orologio, o a bisogno . Pregare è respirare, vivere, desiderare, comuni- care, fondersi, morire. San Benedetto, tra i secoli V © Flavia Rossetti

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