Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2018

16 MC GENNAIO-FEBBRAIO2018 ETIOPIA Intervista al responsabile spirituale dei rastafariani italiani La seconda venuta di Cristo I rastafariani si rifanno alla tradizione cristiana, nella sua lettura etiope ortodossa. Per loro Hailè Selassiè, il «re dei re» dell’Etiopia, è Gesù ritornato sulla terra. C armelo Crescenzi ha 60 anni. È un membro storico della Federazione delle assemblee ra- stafari in Italia, di cui è stato presidente. Oggi è responsabile spirituale della comunità rasta- fariana nel nostro paese. Lo abbiamo raggiunto telefo- nicamente. Da quanti anni esistono comunità rastafari in Italia? «Il primo nucleo di rastafariani ha iniziato a riunirsi, la- vorare e vivere insieme alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. Oltre a un percorso di fede, portavamo avanti anche un discorso culturale. La nostra comunità pubblicava « Lion of Lions », una rivista artigianale che distribuivamo a chi la richiedeva e, negli anni, abbiamo anche dato vita ad altre pubblicazioni attraverso le quali cercavamo di spiegare la nostra fede». Avete avuto e avete tuttora rapporti con altre orga- nizzazioni simili in Europa e negli altri continenti? «Fin dagli inizi, i rastafariani italiani, viaggiando, hanno preso contatti con correligionari in Gran Bretagna, dove le comunità erano più grandi, ma anche in Fran- cia, Germania, Spagna e, ovviamente, in Giamaica. In generale, i rapporti sono sempre stati buoni, anche se non vanno nascosti alcuni dissidi. Come in tutte le co- munità religiose, anche tra noi ci sono state discus- sioni, a volte aspre, sui temi teologici». Negli anni la vostra comunità è cresciuta... «Sì siamo cresciuti. Come Federazione delle assemblee rastafari in Italia, raggruppiamo una quarantina di fe- deli che vivono in tutta la penisola (Roma, Milano, To- rino, ecc.). Attorno a noi ci sono poi vari gruppi di amici e simpatizzanti che spesso partecipano alle no- stre iniziative. Oltre alla nostra federazione, ci sono al- tre presenze rastafari in Italia, ma non li rappresen- tiamo e non vogliamo parlare a nome loro». Quali sono i vostri riferimenti teologici? «Le nostre radici affondano nella tradizione cristiana come viene letta dalla Chiesa ortodossa etiope. Quindi noi ci rifacciamo alle Sacre scritture cristiane e, negli anni, abbiamo anche condotto studi sulla patristica (Crisostomo, Atanasio, Gregorio, ecc.). Centrale, però è la figura di Hailè Selassiè, l’ultimo negus neghesti (re dei re) dell’Etiopia, che noi riconosciamo non come un nuovo Dio, ma come Cristo nella sua seconda venuta. Noi crediamo che, dopo questa seconda venuta, si attui un regno millenario al termine del quale ci sarà un giu- dizio finale. Il regno millenario è quello che stiamo vi- vendo ed è iniziato nel 1930 con l’incoronazione di Hailè Selassiè». Avete relazioni con altre Chiese cristiane? «Le relazioni più strette sono, per ovvi motivi, quelle con la Chiesa ortodossa etiope e con la comunità etiope in Italia. Spesso facciamo iniziative insieme. Molti di noi hanno ricevuto il battesimo da monaci o sacerdoti ortodossi e fanno battezzare i loro figli. Abbiamo rela- zioni anche con le altre comunità cristiane. Non ab- biamo né preclusioni né pregiudizi». Quali rapporti avete con l’Etiopia? «I rapporti sono stretti. Molti di noi si recano periodi- camente in Etiopia, un paese al quale siamo legati per- ché lì ha regnato Hailè Selassiè e ci sono molte istitu- zioni a lui legate. Andare in Etiopia è come raggiungere la Terra promessa, la nostra Terra santa. Anche se più che il rientro fisico in Etiopia, conta il rapporto spiri- tuale con la nostra fede e con la nostra tradizione». Enrico Casale

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