Missioni Consolata - Dicembre 2017

60 MC DICEMBRE 2017 tura. Il 26 gennaio 1978, passato alla storia della Tunisia come il «Giovedì nero», il sindacato (Ugtt) organizzò uno sciopero che la polizia caricò con violenza: i morti furono diverse centinaia. Gli anni ‘80 furono caratterizzati da una profonda crisi politica ed economica e, come successe an- che in Egitto e in altri stati arabi maghrebini, il radicalismo isla- mico crebbe e si diffuse tra quegli strati della popolazione con mi- nori strumenti economici e cultu- rali, ma anche come forma di rea- zione politica a un regime autori- tario e visto come filo occidentale e troppo laico. Di questa situazione approfitta- rono il generale Zine El-Abidine Ben Ali e la sua cerchia di familiari e amici, che, nel 1987, deposero il vecchio e malato Bourguiba, con un «golpe medico». La Tunisia era dunque avviata a un lungo pe- riodo di dispotismo e dittatura, con persecuzioni di oppositori e islamisti, che riempirono le pri- gioni. Il generale diede vita, in- fatti, a un regime poliziesco e cor- rotto, assegnando incarichi istitu- zionali a familiari e collaboratori, con periodiche elezioni-truffa che gli permisero di rimanere al po- tere fino a quando non fu co- stretto alla fuga dalla rivoluzione popolare del 2011. Mohamed Bouazizi e l’inizio della rivolta Nella «Rivoluzione dei Gelso- mini», lo scrittore Tahar Ben Jal- loun racconta il sacrificio del gio- vane venditore e l’inizio della ri- volta tunisina che, il 14 gennaio del 2011, dopo 23 anni di ditta- tura, porterà la fuga in Arabia Saudita del corrotto Ben Ali e a Dubai del resto della sua famiglia. Mohamed Bouazizi diventa «eroe suo malgrado», non immagi- nando certo l’effetto domino che il suo gesto disperato avrebbe avuto per il suo paese e per di- versi altri nel mondo arabo. (Bouazizi si diede fuoco il 17 di- cembre 2010 per protestare con- tro la revoca della sua licenza da ambulante, da parte della auto- rità, dando inizio alla rivolta, ndr ). La Rivoluzione si scatena, dun- que, con proteste e sommosse in numerose città: disoccupazione, carovita, mancanza di prospet- tive, corruzione endemica, re- pressione, mancanza di libertà, ecc., ne sono la causa principale. È una rivolta dei giovani, delle classi popolari, medie e degli in- tellettuali, e, come nelle altre «primavere» che esploderanno da lì a poco in altri paesi arabi, è organizzata soprattutto via social network . I manifestanti si danno appuntamento attraverso le reti sociali e scendono in strada, incu- ranti delle cariche delle forze di polizia (l’esercito, invece, si rifiuta di intervenire contro la popola- zione, evitando, così, un bagno di sangue e assumendo un ruolo im- portante nella caduta del re- gime). Immagini e video delle folle e della repressione vengono diffuse in tempo reale, scate- nando altre manifestazioni e la simpatia e il sostegno internazio- nali. Diversi blogger e internauti vengono arrestati. Un caso noto è quello di Slim Amamou, che di- verrà segretario di Stato per lo sport nel governo di transizione post rivoluzione. Potremmo dire che la «prima- vera» tunisina è stata autentica, spontanea e popolare, probabil- mente come quella egiziana. Su quelle libica e siriana ci sono, in- vece, dubbi, soprattutto sulla na- tura interna, autoctona, delle ri- volte. Ne parlammo su MC, in un dossier del gennaio 2013 1 , e ne scriveremo di nuovo nei prossimi numeri. Con la fuga del clan Ben Ali, nel gennaio 2011, inizia dunque una nuova fase, significativa, nella so- cietà tunisina, che vede la massic- cia partecipazione di studenti, giornalisti, blogger, attivisti vari alla vita politica, sociale e cultu- rale. A ottobre 2011 si svolgono le elezioni, le prime libere, demo- cratiche e multipartitiche, per l’Assemblea del popolo (il Parla- mento tunisino): il partito islami- sta Ennahda si attesta al primo posto, e farà parte di una troika (coalizione parlamentare) in- sieme a Etakkatol (al-Takattul) e al Partito democratico progressi- sta. Nel gennaio del 2014 la nuova Co- stituzione entra in vigore e sanci- sce libertà ed uguaglianza, e «nuovi diritti» per tutti i cittadini. Il 2013, tuttavia, è contrassegnato da omicidi politici perpetrati da salafiti e manifestazioni che chie- deranno le dimissioni del go- verno. Il 6 febbraio viene assassi- nato l’avvocato del Fronte popo- lare tunisino, Shokri Bel’id: l’omi- cidio provoca proteste in tutta la Tunisia, e la richiesta delle dimis- sioni della Troika. Le sedi di En- nahda vengono attaccate in varie città. Il fratello di Bel’id accusa il partito islamista della responsabi- lità morale dell’omicidio, in quanto l’avvocato denunciava da mesi una forma di «violenza poli- tica» del governo. Il 25 luglio è assassinato il politico ISLAM Beduini a Douz, ultima città prima del deserto. # IL DATO LA SPIEGAZIONE LE FONTI 94.064 Sono i tunisini legalmente residenti in Italia su un totale di 5.046.994 stranieri. Pari al 1,9%. Dati Istat del gennaio 2017. 5.000 È la stima dei «foreign fighters» tunisini, in maggioranza giovani tra i 18 e i 35 anni, distribuiti tra Siria, Libia, Iraq, Mali e Yemen. Rapporto Onu del luglio 2015.

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