Missioni Consolata - Dicembre 2017

tata e si è trovata immersa nella luce, nel fuoco. Più tardi userà volentieri il termine: “ Abbaglia- mento ”, e dirà: “ Poi, leggendo e riflettendo, ho trovato Dio; ma pregando ‘ho creduto’ che Dio mi trovasse, e che Egli è la ve- rità vivente che si può amare come si ama una persona ”. Quasi echeggiando sant’Ago- stino, dialogherà con l’Altissimo, colma di stupore: “Tu vivevi e io non ne sapevo niente. Avevi fatto il mio cuore a tua misura, la mia vita per durare quanto Te e, poiché non eri presente, il mondo intero mi appariva pic- colo e stupido e il destino degli uomini insulso e cattivo. Ma, quando ho saputo che vivevi, t’ho ringraziato d’avermi fatto vivere, t’ho ringraziato per la vita del mondo intero» (Antonio Maria Sicari, Il sesto libro dei ri- tratti di santi , Jaca Book, Milano 2000, 127-145). Sulle orme dei mistici biblici Tutto ciò nasce da una preghiera radicale ed es- senziale, una preghiera divenuta compagna di vita e necessità esistenziale perché ha Dio come punto di partenza e punto di arrivo, senza divagazioni o frammentazioni. Paolo di Tarso, Marie, le due Te- rese, Juan de la Cruz e Madelaine hanno vissuto la preghiera come «esperienza assoluta» di Dio per- ché si sono lasciati sedurre, agguantare e portare sulle ali di aquila (cf Es 19,4) senza paura del vuoto che per altro già sperimentavano nel proprio cuore. Il vuoto del senso della vita, il nulla dell’in- soddisfazione delle cose, l’esigenza della totalità per essere uno e tutto, pretendendo da Dio una ri- sposta, dopo avere popolato la propria esistenza di molti e infiniti «perché», buttati letteralmente «sul cuore del Signore» (Sal 55/54,23) e lasciati lì a ma- cerare e a perdersi per trasformarsi. No, la loro vita non era fatta di orari e formule, di programmi e ripetizioni «per senso di dovere» o per obbligo di legge: essi erano già quello che fu Francesco di As- sisi: preghiera essi stessi. In questi mistici di tempi diversi, il percorso avvenne attraverso cinque pas- saggi. 1. Come Mosè : «Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!» (Es 3,5). Prima di conoscere il Nome di Dio, Mosè deve scal- zarsi, deve cioè liberarsi di tutto ciò che è morto. I sandali erano fatti con pelli di animali morti e rende- vano impuro qualunque luogo consacrato; ancora oggi i musulmani si tolgono i sandali per entrare in mo- schea. Togliersi i sandali significava lasciare la morte fuori insieme alle conseguenze della morte come la paura, il sospetto, la violenza come autodifesa. To- gliersi i sandali vuol dire presentarsi a Dio senza difese e a piedi nudi, simbolo della povertà dell’essere. È l’at- teggiamento del pubblicano nel tempio che, consape- vole di essere «lontano» da Dio, non può fare a meno di cercarne la vicinanza, alla cui ombra si riposa, abban- donandosi al suo amore. «Il pubblicano invece, ferma- tosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”» (Lc 18,13). 2. Come Ezechiele : «“Mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele”. Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: “Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo”. Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele» (Ez 3,1-3). Prima di esercitare la funzione profetica, il profeta deve diventare lui stesso la «Parola». Mangiare è un atto che appartiene a tutte le culture e a tutte le religioni. Presso gli Ebrei era tradizione che gli amanuensi mettessero nell’inchiostro una goccia di miele per simboleggiare la dolcezza della Parola di Dio. I Padri della Chiesa parlavano di «ruminare» la Parola che vuol dire non solo mangiare, ma digerirla e assimi- larla come linfa vitale. La preghiera è l’assimilazione di Dio in sangue e carne della propria esistenza (cf gli straordinari commenti di Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele , vol. I, 10,1-5.7). 3. Come la fidanzata del Cantico : «Mi baci con i baci della sua bocca! Trascinami con te, corriamo! Dimmi, o amore dell’anima mia. Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!... Ho cercato l’amore dell’anima mia» (Ct 1,2.4.7; 2,10.13; 3.1, ecc.). L’a- mante del Cantico smania, invoca, sogna, desidera, si strugge finché non incontra il suo amato. Per la tradizione rabbinica «i baci» sono i comanda- menti che Dio pronunciò con la sua bocca e scrisse con lettere di fuoco sulle tavole che diede a Mosè: Israele è la sposa che Dio ha baciato e continua a baciare con la sua Parola. In ogni sinagoga, di ieri e di oggi, vi è un ar- madio, chiamato «Aron haqodèsh», letteralmente «l’Arca Santa», dove si conservano i rotoli [ meghillòt ] della Toràh . Ogni rotolo è rivestito da una veste di stoffa, sormontata da una corona: il rotolo (= meghil- làh ) è paragonato alla fidanzata vestita e incoronata come una regina nel giorno delle nozze. La Bibbia è la fi- danzata di Dio «adorna per il suo sposo» (Ap 21,2; cf Is 61,10). A Teresa D’Avila fu proibita la lettura diretta della Bib- bia, tranne i testi della liturgia del suo tempo, ma lei de- siderava mangiare e baciare la Parola, che l’Inquisizione spagnola e la gerarchia tenevano chiusa a chiave. Non stupisce che nella Chiesa vi furono tragedie come l’In- quisizione, perché quando perde il contatto con la Pa- rola di Dio, non solo si smarrisce, ma arriva all’abisso dell’abbiezione, impedendo anche l’opera dello Spirito. Non stupisce che Teresa abbia vissuto nella sensazione dell’inesistenza di Dio. 4. Come la spada : «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12). La let- tera agli Ebrei riecheggia la Sapienza: «Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onni- potente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero 32 MC DICEMBRE2017 Insegnaci a pregare

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