Missioni Consolata - Novembre 2017
Uomo del consiglio «Era l'uomo del consiglio. Con spontaneità sorprendente trovava il nodo della questione e con poche ma precise parole dava la risposta, tracciava la via di uscita, il metodo di vita. E anche quando prevedeva che il consiglio che doveva dare secondo coscienza sarebbe riu- scito ostico, non lasciava però di darlo. Si faceva serio, fissava negli occhi l'interlocutore e rispondeva senza tentennamenti, magari temperando la durezza del consiglio con una pa- rola di fede, invitando a guardare in alto, a fidarsi del Signore che non avrebbe lasciato senza premio il sacrificio di compiere il proprio dovere. A lui si può dire, senza esagerazioni, che ricorreva tutto il clero diocesano, dai parroci più anziani fino al più giovane sacerdote. Così pure molti vescovi si rivolgevano a lui per consi- glio. L'attaccamento dei vescovi all'Allamano si dimostrò soprattutto in occasione della sua grave malattia del 1900. Era un continuo venire a visitarlo o a chiedere informazioni. Grande conto ne fecero sempre gli arcivescovi di Torino, da mons. Lorenzo Gastaldi al card. Giuseppe Gamba. Con lui si intratteneva volentieri il principe di Carignano nella sua abituale visita di sabato al santuario. Ai suoi consigli si deve gran parte delle fondazioni caritative realizzate dalla santa principessa Clotilde di Savoia. Buona parte del patriziato torinese ricor- reva a lui sia per questioni familiari e sia, molto di più, per problemi politici o sociali». Confessore mai stanco «L'Allamano, formato alla scuola del Cafasso suo zio, si prestava molto volentieri a confes- sare. Si sarebbe detto che questo era l'occupazione più gradita, tanto si dimostrava con- tento di essere chiamato a questo ministero. Fino agli ultimi anni della sua vita trascorreva lunghe ore in confessionale al mattino. Non passava il pomeriggio che non venissero a cer- carlo almeno una mezza dozzina per lo più di uomini. Durante il tempo pasquale, special- mente le domeniche, celebrava molto presto per trovarsi verso le 5.30 in confessionale, dove rimaneva fino alle 9 e oltre. Non faceva distinzione nell'accogliere le persone. Qualche volta, però, vedendo uomini che dimostravano premura o ragazzetti impazienti, li chiamava davanti al confessionale e li mandava in pace. Molte personalità, sia ecclesiastiche che secolari lo avevano scelto come direttore spirituale. Sovente era chiamato al letto di moribondi, anche di quelli che avevano rifiutato il sacer- dote della parrocchia, e si era certi che li riconciliava con Dio, lasciandoli felici. Nel confessare era breve, preciso, riu- scendo a infondere in modo sorpren- dente il dolore delle proprie colpe e una grande confidenza nella miseri- cordia di Dio». P. Francesco Pavese TESTIMONIANZA A DUE VOCI la voce dei testimoni NOVEMBRE2017 MC 63 Due sacerdoti diocesani di Torino, scelti dall'Allamano stesso, ebbero la fortuna di collabo- rare a lungo con lui e, dopo la sua morte, lo sostituirono rispettivamente come rettore del santuario e come rettore del convitto ecclesiastico. Sono i canonici Giuseppe Cappella (1865-1946) e Nicola Baravalle (1875-1957). Oltre ad aver testimoniato al processo di beati- ficazione dell’Allamano, più tardi ne hanno offerto una loro comune testimonianza. Eccone alcuni passi sul dono del “consiglio” e sulla sua disponibilità al ministero della confessione. I canonici Giuseppe Cappella e Nicola Baravalle. #
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