Missioni Consolata - Novembre 2017

ha trasformato un paese relativamente liberale in una dittatura spietata. Dopo il fallito golpe in Turchia, migliaia di turchi si sono riversati nelle strade di molte città tedesche - da Berlino a Monaco, da Hannover a Stoccarda - per festeggiare lo scampato pericolo. Ma, dopo l’eu- foria, è arrivata l’ora della vendetta, e tutti i nodi ir- risolti sono venuti al pettine. Puntuale e immediata, la resa dei conti contro i sostenitori di Fethullah Gülen - predicatore turco in autoesilio negli Stati Uniti, accusato di essere l’uomo ombra dietro al colpo di stato - si è allargata anche alla Germania. Una tensione che si è manifestata ovunque, dalle associazioni alle piazze, fino anche alle moschee e alle scuole. Il tutto mentre lo scontro contro la mi- noranza kurda, dopo un periodo di parziale riavvi- cinamento, è tornato a precipitare, quando si molti- plicavano ancora una volta gli arresti e le vessa- zioni. Un dato non irrilevante per il nostro discorso, data la fortissima presenza kurda in Germania, che ha anche, al suo interno, una componente assai po- liticizzata, che è scesa in piazza più volte in diverse città tedesche, arrivando in alcuni casi allo scontro verbale e fisico con i sostenitori di Recep Tayyip Erdogan, altrettanto numerosi. Il risultato è una comunità a tratti lacerata, co- stretta - volente o nolente - a scegliere fra una fe- deltà sempre più esigente alla madrepatria turca e al suo dittatore, e quella a una Germania che guarda con sempre più sospetto ad Ankara, anche a causa dell’arresto di diversi cittadini tedeschi. Fra questi, ricordiamo il noto giornalista con dop- pia nazionalità Deniz Yücel, imprigionato il feb- braio scorso con l’accusa di essere una spia. Emble- matico anche il caso del già ricordato Cem Özde- mir, che ha ricevuto continue minacce di morte, e proprio da membri della comunità turca tedesca, a causa delle sue posizioni politiche di supporto al- l’opposizione turca colpita e repressa, e che oggi è sotto scorta. Il politico verde, fra l’altro, è stato an- che fra i promotori della risoluzione del parlamento tedesco sul genocidio armeno, approvata il 2 giugno 2016. Un riconoscimento che ha creato ulteriori tensioni e fratture nella comunità, dato il persi- stente negazionismo di Ankara nei confronti del ge- nocidio perpetrato nell’allora Impero Ottomano. Senza dubbio, un momento di crisi dura come l’at- tuale la comunità dei turchi tedeschi non l’aveva mai vissuto nella storia recente. Sicurezza e benessere per tutti Ma la sfida per l’accoglienza e l’integrazione in Ger- mania risulta più ampia, e per molti versi meno drammatica. Superata al meglio la crisi del 2015, ci sono ottime ragioni per poter sperare in uno svi- luppo armonico della società, eludendo i rischi e le tensioni sempre insiti, volenti o nolenti, in una so- cietà aperta e multiculturale. Su tutto, continuano a risuonare nelle orecchie dei tedeschi, come in un ritornello, le celebri parole con cui Angela Merkel ha più volte commentato la crisi dei rifugiati: « Wir schaffen das », «Ce la facciamo». La Germania, vuoi per la sua storia tragica e in- sieme di riscatto, vuoi per il ruolo politico ed econo- mico sempre più rilevante che riveste a livello in- ternazionale, ha in sé tutte le carte in regola per ri- uscire a offrire una prospettiva di sicurezza e rela- tivo benessere a tutte le componenti di una società sempre più plurale, senza rischiare di ricadere in un passato che nessuno, almeno da queste parti, sembra oggi più rimpiangere. Simone Zoppellaro Qui a sinistra : la piazza del centro storico di Rosenheim (in Baviera). Pagina seguente: la chiesa cattolica di San Bernardo a Karl- sruhe (in Baden-Württemberg). D © Andreas / Flickr 36 MC NOVEMBRE2017 D

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=