Missioni Consolata - Ottobre 2017

DAI LETTORI Cari mission@ri RISPONDE IL DIRETTORE In queste pagine diamo spazio a tutte le lettere, email omessaggi che riceviamo, purché chiaramente firmati. OTTOBRE2017 MC 5 ROHINGYA Preg. P. Gigi, vorrei condividere alcu- ne riflessioni sul dossier sui Rohingya che mi ave- va gentilmente mandato. Il testo è buono anche se non aggiornato, per que- stioni di tempo, alla se- duta del Tribunale dei Popoli che ha avuto luo- go il 6-7 marzo 2017 a Londra. C’è però un pun- to su cui ho avuto qual- che perplessità. L’artico- lista sembra essere in- corso in un’ingenuità quando riferisce un’opi- nione secondo cui la si- tuazione di questa popo- lazione sembra più diffi- cile ora che non sotto la dittatura. Ma è chiaro che sotto la dittatura tut- ti erano compressi e bloccati e nessuno pote- va fare ascoltare le pro- prie ragioni, né questo popolo né nessun altro gruppo o persona perse- guitati, ma questo non vuol dire che «si stava meglio quando si stava peggio», facile slogan qualunquista e filofasci- sta. Io sono sempre con- vinta che Aung San Suu Kyi sia una persona straordinaria e piena di buoni propositi, ma que- stioni così antiche e complesse hanno biso- gno comunque di un tempo un po’ disteso per la loro risoluzione. Quin- di segnalare e sollecita- re va bene, ma condan- nare no. Forse l’autore non voleva dire questo, ma la forma usata indu- ce un po’ a pensarlo e mi sembra perlomeno un’ingenuità. Cordiali saluti. Grazie, Maria Rosaria Salvini 26/07/2017 Abbiamo passato la email a Piergiorgio Pescali per un suo commento. Nel mio lungo dossier (e soprattutto nei documen- ti, interviste, libri elencat i come riferimenti alla fine del dossier e che ne sono l’ossatura) delle mancan- ze di Aung San Suu Kyi (Assk) si è parlato ben po- co. Anzi, direi quasi nulla rispetto a quello che avrei dovuto fare. E volutamen- te, proprio perché si è vo- luto lasciare spazio alla comprensione della com- plicata vicenda dei Rohingya che ha le sue radici nella colonizzazio- ne britannica, è scoppiata durante la Seconda Guer- ra Mondiale con la lotta tra britannici (appoggiati dalle etnie non bamar) e giapponesi (appoggiati dal governo di Aung San e dai Bamar [Birmani]), per di- vampare negli anni Set- tanta, durante la giunta militare. Se c’è stata «ingenuità», allora sono in buona com- pagnia, perché della stes- sa ingenuità si sono «macchiati» Muhammad Yunus, Josè Ramos Horta, Shirin Ebadi, Desmund Tutu, Malala Yousafzai, Emma Bonino, Oscar Arias, lo stesso Ufficio di Diritti Umani delle Nazio- ni Unite, l’Ufficio di Coor- dinamento degli Affari Umanitari (Unocha), l’Uni- cef e molte altre singole persone e agenzie umani- tarie che hanno chiesto (inutilmente) ad Assk di condannare «senza se e senza ma» le violenze di cui sono vittime i Rohingya e di mostrare (inutilmen- te) la volontà del governo di risolvere il problema non solo dei musulmani, ma delle decine di etnie che costellano il paese. Hanno peccato di inge- nuità anche quelle perso- ne che per anni hanno so- stenuto Aung San Suu Kyi ed oggi si ritrovano inevi- tabilmente delusi a criti- care il suo operato. Famo- sa l’intervista (proprio sui Rohingya) della Bbc (una delle emittenti che più hanno appoggiato la Lady durante il periodo di pri- gionia) in cui la stessa As- sk ad un certo punto è sbottata dicendo che nes- suno l’aveva avvisata che l’intervistatrice, troppo precisa nell’elencare le mancanze del governo, e- ra musulmana. Già, per- ché la signora Assk, dopo aver tanto predicato con- tro il regime militare, oggi si trova a giocare dalla stessa parte del Tatma- daw (l’esercito birmano), negando i diritti ai lavora- tori, negando le terre ai contadini di Monywa, ne- gando ai Kachin il diritto all’autodeterminazione e giustificando le rappresa- glie dell’esercito. Tutto in nome di una identità uni- taria del paese. Ho iniziato a frequentare il Myanmar nel 1988, quando ancora si chiama- va Birmania. Ero presente al primo comizio pubblico di Assk e ho incontrato la Lady diverse volte prima, durante e dopo gli arresti domiciliari, quando in Oc- cidente era una perfetta sconosciuta. Ho incontra- to Michel Aris, il marito, il primo figlio Alexander e i numerosi professori con cui Assk ha lavorato ad Oxford. La figura che ne ho tratto è molto diversa dall’ Assk edulcorata e i- conica propinata dal film agiografico di Luc Besson, forse per via degli astii e dei rancori che si erano instaurati tra queste figu- re e Assk. La sua miopia politica è sempre stata e- vidente, ma è stata celata da validi collaboratori (oggi purtroppo morti o troppo anziani) e dal fatto che, dalla sua casa - in cui era agli arresti domiciliari -, poteva criticare (anzi, per usare un termine più adatto, «condannare») senza dover dimostrare le sue capacità di governo. Ma quando si è trovata a dover affrontare i proble- mi che lei stessa, con in- genuità, denunciando, a- veva detto che avrebbe ri- solto, ecco che è crollata perdendo consensi. Assk ha accentrato su di sé tutte le cariche più im- portanti del governo, an- che quelle che permetto- no di interloquire diretta- mente sul problema dei Rohingya (Assk è ministro degli Esteri, primo mini- stro, Consigliere di Stato, presidente del Comitato Centrale di pace nel Raki- ne, presidente del Comi- tato Unione e Dialogo, mi- nistro dell’Ufficio del Pre- sidente). Sono stato espulso dal Myanmar di Than Shwe; diverse volte mi sono stati sequestrati appunti, foto- grafie, macchine fotogra- fiche, registrazioni. Non sarò certo io, quindi, a chiedere il ritorno al regi- me militare, ma di fronte a quanto sta avvenendo non basta «segnalare», occorre anche «condan- nare» quello che è contro giustizia e democrazia. Piergiorgio Pescali 09/08/2017 TRASPARENZA Gentile direttore, la lettera «Sorpresa e tristezza» (MC 7/2017 p.7) merita qualche ulte- riore riflessione. Nessu- no nega la possibilità, anche all’interno di una stimata congregazione come quella dei MC, che esistano mele marce. Succede nelle migliori famiglie […]. L’interesse delle rimanenti mele buone dovrebbe però es- sere quello di evitare che in futuro possano acca-

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