Missioni Consolata - Ottobre 2017
zato a 50.000 la quota di permessi concessi a lavo- ratori nordcoreani nelle proprie industrie tessili, edili e di pesca nelle regioni di Amur, Khabarovsk e Primosky (per confronto, la Cina ha emesso 933.000 visti per lavoro a cittadini nordcoreani). La guerra (1950-1953) e l’unificazione Più complicati sono i rapporti con la Corea del Sud, nonostante tra i due stati esistano scambi commer- ciali che ammontano a 2,34 miliardi di dollari an- nui, pari all’8,8% del Pil della Corea del Nord 15 . Seoul si sente minacciata dai test missilistici e nu- cleari nordcoreani: in caso (improbabile) di guerra sarebbe il Sud a subirne le maggiori conseguenze. «La Corea del Sud deve prima di tutto divincolarsi dalla sudditanza americana. Solo allora il suo presi- dente avrà il potere di decidere il destino del po- polo sudcoreano», mi spiega So Mi-yeon, la onni- presente (e obbligatoria) guida che mi accompagna durante la visita in Nord Corea ripetendo un man- tra, quello della colonizzazione statunitense, ancora in voga nei libri di testo nordcoreani. Secondo Pyongyang, infatti, la penisola coreana è divisa in due non tanto perché vi sono due governi indipen- denti e ostili tra loro, ma perché - come ha scritto il Rodong Sinmnun , il giornale del Comitato Centrale del Partito dei Lavoratori - il Sud sarebbe occupato da un «gruppo di fantocci sudcoreani che si com- portano in modo avventato» succubi di Washing- ton. I vari governi che si sono susseguiti nel Nord, guidati da Kim Il Sung, Kim Jong Il e oggi da Kim Jong Un, sarebbero i soli e legittimi rappresentanti del popolo coreano. Tra Pyongyang e Seoul non esiste ufficialmente belligeranza, ma un armistizio (quindi non un trattato di pace) tra Pyongyang e Washington. Gli sforzi della Corea del Nord per portare gli Stati Uniti al tavolo delle trattative si concentrano principalmente su questo punto: tra- sformare l’armistizio del 27 luglio 1953 in un vero e proprio trattato di pace. L’elezione di Moon Jae-in a presidente della Repubblica di Corea, salutata con ottimismo da quasi tutti i governi della regione a partire dalla Cina, è invece guardata con cautela dal Nord: «La Dprk e la Corea del Sud dovrebbero aprire un nuovo capitolo per migliorare le relazioni tra loro rispettandosi reciprocamente e stringen- dosi le mani come partner per giungere all’unifica- zione», scrive il Rodong Sinmnun , punzecchiando il nuovo inquilino della Casa Blu (nome della resi- denza del presidente della Repubblica della Corea del Sud, ndr ) proprio sul tema apparentemente più propagandato da lui stesso: quello del dialogo tra Nord e Sud e della futura potenziale unificazione della penisola: «Se il governo sudcoreano insiste sulla proposta della “unificazione dei due sistemi” - una proposta assolutamente ingiusta - e decide di incamminarsi lungo la via della guerra, l’unica cosa che (Seoul, ndr ) affronterà sarà la morte e una spa- ventosa distruzione». Pyongyang ha sempre osteg- giato l’unificazione politica tout court , che vede come un tentativo di assimilazione del Nord da parte del Sud, preferendo ad essa una più soffice e meno traumatica via federale da realizzarsi in un lungo periodo di transizione durante il quale l’eco- nomia dei due paesi si integrerebbe mantenendo però un sistema politico e ideologico bicefalo. La soluzione proposta dal Nord potrebbe, nel giro di diversi decenni, livellare l’immenso abisso oggi esi- stente tra le due economie che vede il Pil pro ca- pite della Corea del Sud sopravanzare quello del Nord di 20 volte (un nordcoreano produrrebbe ogni anno un Pil di 1,33 milioni di won contro i 25 milioni di won del collega sudcoreano), mentre in termini assoluti, il Pil del Sud è 38 volte quello del Nord ( tabella a pag. 36 ). Questo sistema di «due paesi una economia» si in- nesta sulla richiesta fatta dal Nord a Moon Jae-in di ridiscutere i confini del 38° parallelo e quelli © Stefan Krasowski, 2013
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